Nell’antica Grecia ὕβρις insolenza, tracotanza eccesso”, “superbia”, “orgoglio” è anche personificazione della prevaricazione È un antefatto che vale come causa a priori che condurrà alla catastrofe καταστροϕή, «rivolgimento, rovesciamento», della tragedia e delle vicende umane.Per il pensiero greco, è ogni situazione in cui si assiste ad un oltrepassamento del giusto, una prevaricazione della legge dell’armonia.
Se il pensiero greco, soprattutto presocratico, è la riflessione sul carattere armonico della realtà necessario a mantenere in equilibrio l’intero universo, l’hybris rappresenta allora quella prevaricazione degli elementi che conduce ad uno strappo nel tessuto armonico della realtà.
La ὕβρις è una colpa compiuta da chi offende con prepotenza e tracotanza, è punita dalla “némesis” ( νέμεσις), che significa “vendetta degli dei”, “ira”, “sdegno”.

μηδὲν ἄγαν Ne quid nimis Nulla di troppo
la ricerca dell’Armonia tra gli opposti….
οι Λακεδαιμόνιοι πρὸς φιλοσοφίαν καὶ λόγους ἄριστα πεπαίδευνται, ὧδε· εἰ γὰρ ἐθέλει τις Λακεδαιμονίων τῷ φαυλοτάτῳ συγγενέσθαι, τὰ μὲν πολλὰ ἐν τοῖς λόγοις εὑρή- [342e] σει αὐτὸν φαῦλόν τινα φαινόμενον, ἔπειτα, ὅπου ἂν τύχῃ τῶν λεγομένων, ἐνέβαλεν ῥῆμα ἄξιον λόγου βραχὺ καὶ συνεστραμμένον ὥσπερ δεινὸς ἀκοντιστής, ὥστε φαίνεσθαι τὸν προσδιαλεγόμενον παιδὸς μηδὲν βελτίω. τοῦτο οὖν αὐτὸ καὶ τῶν νῦν εἰσὶν οἳ κατανενοήκασι καὶ τῶν πάλαι, ὅτι τὸ λακωνίζειν πολὺ μᾶλλόν ἐστιν φιλοσοφεῖν ἢ φιλογυμνα- στεῖν, εἰδότες ὅτι τοιαῦτα οἷόν τ’ εἶναι ῥήματα φθέγγεσθαι [343a] τελέως πεπαιδευμένου ἐστὶν ἀνθρώπου.

τούτων ἦν καὶ Θαλῆς ὁ Μιλήσιος καὶ Πιττακὸς ὁ Μυτιληναῖος καὶ Βίας ὁ Πριηνεὺς καὶ Σόλων ὁ ἡμέτερος καὶ Κλεόβουλος ὁ Λίνδιος καὶ Μύσων ὁ Χηνεύς, καὶ ἕβδομος ἐν τούτοις ἐλέγετο Λακε- δαιμόνιος Χίλων. οὗτοι πάντες ζηλωταὶ καὶ ἐρασταὶ καὶ μαθηταὶ ἦσαν τῆς Λακεδαιμονίων παιδείας, καὶ καταμάθοι ἄν τις αὐτῶν τὴν σοφίαν τοιαύτην οὖσαν, ῥήματα βραχέα ἀξιομνημόνευτα ἑκάστῳ εἰρημένα· οὗτοι καὶ κοινῇ συνελ- [343b] θόντες ἀπαρχὴν τῆς σοφίας ἀνέθεσαν τῷ Ἀπόλλωνι εἰς τὸν νεὼν τὸν ἐν Δελφοῖς, γράψαντες ταῦτα ἃ δὴ πάντες ὑμνοῦσιν, Γνῶθι σαυτόν καὶ Μηδὲν ἄγαν. τοῦ δὴ ἕνεκα ταῦτα λέγω; ὅτι οὗτος ὁ τρόπος ἦν τῶν παλαιῶν τῆς φιλοσοφίας, βραχυλογία τις Λακωνική·

Gli spartani sono stati efficacemente educati ai ragionamenti filosofici da questo: se qualcuno si trova infatti a conversare con il più stolto degli spartani, troverà che per la maggior parte della conversazione l’uomo appare davvero stolto. Tuttavia, poi, quando gli si presenta un’occasione nel discorso, questa stessa persona è capace di scagliare una frase degna di nota, breve e significativa, come un abile arciere, cosicché il suo interlocutore appare niente più che un bambino. Questo dunque hanno compreso sia i contemporanei sia gli antichi, cioè che imitare gli spartani significa amare la filosofia molto più della ginnastica, consapevoli che pronunciare frasi brevi e significative è proprio di uomini che sono stati educati alla perfezione.
Tra questi c’erano Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Briene, il nostro Solone, Cleobulo di Lindo, Misone di Chene, e il settimo tra loro si narra che fosse Chilone di Sparta.
Tutti questi erano ammiratori, amanti e seguaci dell’educazione spartana: chiunque, dai detti brevi e memorabili che ciascuno di loro pronunciò, potrebbe comprendere che la loro sapienza era di origini spartane. Costoro, riunitisi insieme, consacrarono come primizia della loro sapienza ad Apollo nel tempio di Delfi queste iscrizioni che tutti celebrano, «Conosci te stesso» e «Nulla di troppo». Per quale motivo dico queste cose? Perché questo era lo stile della filosofia degli antichi: una brevità spartana.
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