” Nella lingua italiana c’è una differenza di significato notevole tra sapere e conoscere, anche se nell’uso comune le due parole sono spesso usate come sinonimi. Nella lingua inglese (ndr la neolingua dominante) c’è solo il verbo to know ed è difficile discriminare il sapere informatico (knowledge) dalla conoscenza esperienziale (Knowing) perchè la radice della parola è la stessa.
sapere si riferisce all’informazione, mentre conoscere si riferisce al significato dell’informazione ,che può venire soltanto da un’esperienza cosciente.
Il computer può sapere, ma non può conoscere. Noi possiamo sapere e conoscere. Dunque l’informazione non è cosciente, così come il simbolo non è il significato che esso può rilevare a un ente cosciente.
Quando dico a mio figlio ”ti voglio un bene dell’anima” esprimo un sentimento reale. L’amore che sento dentro di me è vivo ed esiste Quando un robot dice ”ti voglio un bene dell’anima ”imitando ciò che dico, si limita a copiare l’informazione che manifesto fuori di me , senza provare nessun sentimento perchè dentro non ha un ”dentro”
L’ontologia è presente non nell’informazione senza significato, ma nella conoscenza che vive se stessa”
E’ impossibile in modo univoco ed inequivocabile definire esattamente quando, come e dove sorsero le prime manifestazioni di queste discipline atte sostanzialmente ad un processo di recupero dell’equilibrio psicofisico e alla ricerca della sensazione di integrità, discipline e pratiche dai mille volti e rivoli definibili con il termine “olotropiche” ὅλος intero e τρεπὲιν”muoversi verso l’interezza”, comunque riguardanti la soggettiva energia vitale, che nelle disparate culture assume termini diversi, prana प्राण, Pneuma πνεῦμα, mana, qi,ki 氣
Esperienze non descrivibili, private, non clonabili che attivano informazioni vive significative, qualia.
'' Credevamo che la fisica descrivesse il mondo oggettivo dell'informazione condivisa, quando il formalismo quantistico ci fa vedere che l'interiorità è la sorgente dell'esteriorità''
confer Federico Faggin
Irriducibile
Impossibile stabilire quanto un ” impatto”estetico sia foriero di essenza ontologica ,scavalcando l’ovvieta’ si slanci “oltre il visibile… trascendendolo
Dedicato alle mie figlie, alle mie allieve, a tutte le donne guerriere
Archetipo pagano ed ancestrale, non conciliabile con le credenze cristiane ,necessitanti ”dello scudo della verginità” per mantenere il carisma che le consente, temporaneamente, di comandare gli uomini in battaglia, lontane dalle attuali tendenze misandriche , assai diffuse nelle attuali terre del nord e non solo, dall’imperante ”pensiero unico”.
Le Skjaldmær erano ragazze che come i giovani uomini godevano di una relativa libertà sessuale e praticavano le arti del combattimento e quelle intellettuali della conoscenza. Si ispiravano aFreyja, la dea che ama i canti d’amore e incita gli innamorati ad invocarla, ma che nel contempo solca furente i campi di batraglia e alle Valkyrie entità semidivine dedite alla raccolta di vite vissute con onore ,coraggio, sprezzo del pericolo.
«… loro ti chiamano Ecate, dea dai molti nomi, Mene, Artemide lanciatrice di dardi, Persefone, Signora dei cervi, luce nel buio, dea dai tre suoni, dea dalle tre teste, Selene dalle tre voci, dea dal triplo volto, dea dal triplo collo, dea delle tre vie, che tiene, la fiamma perpetua in tre contenitori, tu che offri la tripla via, e che regni sulla tripla decade.»
La mitologia è l’archetipo della donna guerriera trova il suo riferimento nella triplice dea che è la manifestazione di funzioni differenziate nell’alveo della cultura indoeuropea.
Seducente, seduttiva,prospera di fecondità, vendicativa…
La Dea triplice nello Shaktismo, una forma di Induismo, in cui le tre entità di Sarasvati, Lakshmi e Kālī e le loro sotto-manifestazioni sono tre aspetti di Maha Devi (La Grande Dea) nelle antiche mitologie indo-europee, varie dee o semidee costituivano triadi le greche Moire, Grazie, Parche e le nordiche Norne o erano singole divinità ma raffigurate in tre aspetti la greca Ecate.
La Dea triplice fu anche studiata da psicologi studiosi degli archetipi come Kerenyi e Jung, più di recente è l’archeologa Marija Gimbutas i cui studi sull’Europa antica hanno aperto nuove strade di ricerca.
Georges Dumézil’ ipotizzò che l’antica società Indoeuropea fosse strutturata attorno a tre attività: adorazione, guerra e fatica. In tempi successivi, quando il lavoro schiavo divenne comune, le tre funzioni vennero viste come “classi” separate, furono rappresentate ciascuna dal proprio divinità. Dumézil ha inteso questa mitologia come il riflesso e la convalida delle strutture sociali nel suo contenuto: un tale sistema di classi tripartito si trova negli antichi testi indiani, iraniani, greci e celtici. A suo parere alcune dee rappresentavano queste tre qualità come diversi aspetti tra cui quelle iraniana Anāhitā, il vedico Sarasvatī e il romano Juno.
La donna guerriera emerge dall’archetipo indoeuropeo della tiplice dea, seducente, tenera madre, inquietante strega guerriera, nella veste di Magna Mater, che può manifestarsi come dispensatrice di prosperità, di fecondità e di armonia, ma anche come portatrice di morte (confer AXIS MUNDI MARCO MACULOTTI ) : in cambio della sua benevolenza verso gli uomini ella pretenderebbe un sacrificio umano. Questo duplice – e apparentemente opposto – valore di vita e morte è insito non solo nella natura delle Grandi Madri, ma anche nell’elemento dell’acqua che Tacito associa a Nerthus: l’acqua richiama tanto la rigenerazione e la vita quanto l’incombere della morte.
confer AXIS MUNDI
In generale Nerthus/Herthum è collegata a figure femminili di prosperità, ma anche di morte: Frigg, sposa di Odhinn, la Dama Holla, ‹‹servita da un sacerdote cui spettava approntare il suo carro a vela, affinché potesse riapparire tra gli uomini per diffondere i suoi benefici››, la dea Holda ‹‹che si aggira per i paesi […] per distribuire benedizioni e maledizioni. È una divinità agraria, dea della terra, responsabile della fertilità del suolo. La processione che le rende omaggio è sempre seguita da un buon raccolto. Come Nerthus […] si bagna nei laghi. La dea benigna si sdoppia in una dea temibile. È una divinità della morte che rapisce le anime dei bambini››, cfr. Bulteau, Le figlie delle acque, pp. 106-107.
Questa piccola statuetta di guerriera vichinga scoperta ad Harby, in Danimarca, è stata interpretata come una valchiria mitologica.
CONFER La tridevi (in devanagari: त्रिदेवी, sanscrito: tridevī, con il significato di “tre dee”) è un concetto dell’induismo, che rappresenta la versione femminile della trimurti. Consiste nella triade di dee Sarasvati, Lakshmi, e Parvati. Nello shaktismo, queste divinità trine sono le manifestazioni della dea suprema Mahadevi
Sarasvati è la dea dell’apprendimento, delle arti e della realizzazione culturale, nonché la consorte di Brahma, il creatore. È intelligenza cosmica, coscienza cosmica e conoscenza cosmica.
Lakshmi è la dea della ricchezza, della fertilità, del buon auspicio, della luce e della realizzazione materiale e spirituale, nonché la consorte di Visnù, il mantenitore o preservatore. Tuttavia, Lakshmi non significa mera ricchezza materiale, ma anche prosperità astratta, come gloria, magnificenza, gioia, esaltazione e grandezza, e realizzazione spirituale che si traduce in moksha.
Parvati è la dea del potere, della guerra, della bellezza, dell’amore, nonché la consorte di Siva, il distruttore del male o trasformatore. A volte è identificata con Durgā o Kālī.
confer
Tractatus de mulieribus claris in bello è una breve opera greca antica di un autore anonimo,che discute quattordici donne antiche famose, non tutte le donne discusse sono guerriere e solo alcune sono ritratte come abili strateghe militari. Fu scritto verso la fine del II o l’inizio del I secolo ac.
Nella storia antica , un numero significativo di donne nelle società scite e sarmate ha partecipato al combattimento, fungendo potenzialmente da fonte di ispirazione per i miti dell’antica Grecia delle Amazzoni , secondo recenti interpretazioni il termine linguistico indopersiano ”coloro che combattono. ” altre tradizioni donne senza un seno.
Mosaico raffigurante Amazzoni a caccia – Museo di Antiochia
Nell’antica Grecia , si dice che diverse donne abbiano partecipato alla guerra di Troia , tra cui Epipole diCaristo e Pentesilea
Erodoto narra che le Amazzoni, della Scizia, dove sarebbero emigrate dopo essere state sconfitte dai guerrieri greci, le amazzoni si uniscono, anche carnalmente, ai guerrieri sciti, dando origine al popolo dei Sarmati. Le donne combattono a cavallo insieme agli uomini, indossano gli stessi abiti e rimandano il matrimonio fino a che non hanno ucciso, pare almeno un nemico in battaglia.
Alcune teorie sostengono che le guerriere germaniche (marcomanni, goti ed altri ) fossero in realtà scizie o sarmati o iagizi
“La guerra non è faccenda da donne, eppure nel sanguinoso scacchiere dell’Italia del Quattrocento può accadere di tutto, anche che una fanciulla venga addestrata a combattere come un uomo. Il suo nome è Bona Lombardi. Cuore puro e occhi verdi come pietre di fiume, nel suo sangue scorre la ribellione: contro il destino che spetta alle donne, contro i soprusi degli uomini, contro chi ti attende nell’ombra per strapparti la vita o la dignità”.
Esso mi dimostrò che si può arrivare al centro partendo da qualsiasi punto della circonferenza.
Se ipsum simul circulus ed obis est …
Il sé é allo stesso tempo cerchio e circonferenza
C.Gustav Jung
Si poteva partire da alcune lettere cirilliche, da una meditazione su una sfera di cristallo, una ruota di preghiera o un dipinto moderno o anche prendendo le mosse da una conversazione casuale su qualche banale avvenimento…
Spunti e visioni quantistico filosofiche tra Helgoland di C. Rovelli e il Tao della fisica di F. Capra
“Gli oggetti sono descritti da variabili che prendono valore quando interagiscono e questo valore è determinato in relazione agli oggetti in interazione, non ad altri.
Un oggetto è uno, nessuno, centomila.
Il mondo si frantuma in un gioco di punti di vista, che non ammette un’unica visione globale.
È un mondo di prospettive, di manifestazioni, non di entità con proprietà definite o fatti univoci.
Le proprietà non vivono sugli oggetti, sono ponti fra oggetti.
Gli oggetti sono tali solo in un contesto, cioè solo rispetto ad altri oggetti, sono nodi dove si allacciano ponti.
Il mondo è un gioco prospettico, come di specchi che esistono solo nel riflesso di uno nell’altro.”
Helgoland Carlo Rovelli pag.95 cap III
''La grana fine delle cose è questo strano lieve mondo, dove le variabili sono relative, il futuro non è determinato dal presente.
Questo fantasmatico mondo di quanti è il nostro mondo. ''
Helgoland Carlo Rovelli
”Ogni volta che i fisici interrogavano la natura mediante un esperimento atomico, la natura rispondeva con un paradosso, e quanto più essi cercavano di chiarire la situazione, tanto più acuto diventava il paradosso”
Il tao della Fisica Fritjof Capra
pag 79 cap 4
La meccanica quantistica ” è giunta a vedere l’universo come un inestricabile rete di relazioni fisiche e mentali le cui parti sono definite soltanto dalle relazioni con il tutto.”
Il Tao della Fisica Fritjof Capra
”lo scienziato non può assumere il ruolo di osservatore distaccato e obbiettivo, ma viene coinvolto nel mondo che osserva fino al punto di influire sulle proprietà degli oggetti osservati…”
“Nella meditazione profonda arriva uno stato in cui cade completamente la distinzione tra osservatore e osservato, dove soggetto e oggetto si fondono in un tutto unico indifferenziato..”
色不異空,空不異色;色即是空,空即是色
Rupan na prithak śunyata, śunyataya na prithag rupan, rupan śunyata śunyataiva rupan
”La forma non è diversa dal vuoto, il vuoto non è diverso dalla forma, la forma è proprio tale vuoto, il vuoto è proprio tale forma”.
Sutra del cuore della perfezione della saggezza o Sutra del cuore
प्रज्ञापारमिताहृदय
般若波羅蜜多心經
In questo aspetto della fisica moderna c’è dunque la più stretta corrispondenza con il Vuoto del misticismo orientale. Analogamente al Vuoto dei mistici orientali, di «vuoto fisico» – come è chiamato nella teoria dei campi – non è uno stato di semplice non-essere, ma contiene la potenzialità di tutte le forme del mondo delle particelle.
Queste forme, a loro volta, non sono entità fisiche indipendenti, ma soltanto manifestazioni transitorie del Vuoto soggiacente ad esse.
Come dice il sūtra, «la forma è vuoto, e il vuoto in realtà è forma».
Fritjof Capra Il tao della fisica– Adelphi Edizioni, p. 258
''La comprensione definitiva di tutte dell'unità di tutte le cose ...
viene raggiunta in uno stato di coscienza nel quale la propria individualità si dissolve in un'unità indifferenziata , dove si trascende il mondo dei sensi e la nozione di ''cosa'' è dimenticata ''
Il Tao della fisica Fritjof Capra
Ita fac, mi Lucili: vindica te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat collige et serva. Persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam tempora eripiuntur nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt. Turpissima tamen est iactura quae per neglegentiam fit. Et si volueris attendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus. Quem mihi dabis qui aliquod pretium tempori ponat, qui diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori? In hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus: magna pars eius iam praeterit; quidquid aetatis retro est mors tenet. Fac ergo, mi Lucili, quod facere te scribis, omnes horas complectere; sic fiet ut minus ex crastino pendeas, si hodierno manum inieceris. Dum differtur vita transcurrit. Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult. Et tanta stultitia mortalium est ut quae minima et vilissima sunt, certe reparabilia, imputari sibi cum impetravere patiantur, nemo se iudicet quicquam debere qui tempus accepit, cum interim hoc unum est quod ne gratus quidem potest reddere. Interrogabis fortasse quid ego faciam qui tibi ista praecipio. Fatebor ingenue: quod apud luxuriosum sed diligentem evenit, ratio mihi constat impensae. Non possum dicere nihil perdere, sed quid perdam et quare et quemadmodum dicam; causas paupertatis meae reddam. Sed evenit mihi quod plerisque non suo vitio ad inopiam redactis: omnes ignoscunt, nemo succurrit. Quid ergo est? non puto pauperem cui quantulumcumque superest sat est; tu tamen malo serves tua, et bono tempore incipies. Nam ut visum est maioribus nostris, ‘sera parsimonia in fundo est’; non enim tantum minimum in imo sed pessimum remanet. Vale.
“Comportati così, Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto, raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che è proprio così, come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell’agire diversamente dal dovuto. Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo, e alla sua giornata, che capisca di morire ogni giorno? Ecco il nostro errore. Vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata. Dunque, Lucilio caro, fai quel che mi scrivi: metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l’altro la vita se ne va. Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l’unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire”
Ti saluto
Immagine La principessa e l’aquila (The Eagle Huntress) è un documentario del 2016 diretto da Otto Bell.
“La comunicazione altro non è che una lotta tra maghi inconsapevoli, in cui ognuno cerca di ipnotizzare l’altro, all’interno di un’ipnosi più grande, quella di massa.”
Fabrizio Ponzetta
Il linguaggio come incantesimo primordiale
“Ogni uomo sa che la parola è mezzo di rappresentare il pensiero; ma pochi si accorgono che la progressione, l’abbondanza e l’economia del pensiero sono effetti della parola.
E questa facoltà di articolare la voce, applicandone i suoni agli oggetti, è ingenita in noi e contemporanea alla formazione dei sensi esterni e delle potenze mentali, e quindi anteriore alle idee acquistate da’ sensi e raccolte dalla mente; onde quanto più i sensi s’invigoriscono alle impressioni, e le interne potenze si esercitano a concepire, tanto gli organi della parola si vanno più distintamente snodando.”
(Ugo Foscolo)
Autoipnosi e Paranoia neuro linguistica
di Fabrizio Ponzetta La lotta dei maghi, autoipnosi, ipnosi e ipnosi di massa.
Nel dispiegarsi della storia dell’umanità, l’idea di vivere in una realtà fittizia, a prescindere dalle apparenti condizioni sociali, è stata fatta più volte balenare: dottrine filosofiche, dottrine esoteriche, studi sulla linguistica e sui processi cognitivi, e sopratutto l’arte.
L’arte nell’antichità, tramite la bellezza e l’armonia che manifestava, riusciva ad aprire un collegamento tra il mondo interiore di chi ne fruiva e la Realtà; mentre nell’era contemporanea, probabilmente a causa dello stile di vita consumista e tecnologico e dello stratificarsi del buonismo di facciata della società borghese, per ottenere lo stesso effetto “illuminante” l’arte ha dovuto aprire violentemente dei varchi, mostrando aspetti contradditori della realtà fittizia in cui l’umanità è immersa, aspetti sconci, osceni (fuori scena) della vera Realtà.
In questa direzione, e ancora più profondamente, si muove l’opera di Salvador Dalì, quando elabora il suo metodo paranoico-critico. È risaputo che nel delirio paranoico si usa il mondo esterno per evidenziare l’oggetto ossessivo del proprio delirio; la realtà esterna diventa, allora, la prova della realtà delle proprie convinzioni.
Consapevole di ciò, Dalì diede vita, nelle sue opere paranoico-critiche, ad una serie di immagini dette doppie o molteplici, e cioè ad una serie di realtà che possono essere viste simultaneamente come diverse in un’unica immagine. Le opere paranoico critiche di Dalì dimostrano così che la realtà esterna non è univoca, ma che ciò che si percepisce è la proiezione della propria anima, delle proprie paure, dei propri talenti, delle proprie angosce, delle proprie convinzioni; in breve: della propria storia personale.
Sviluppando questa riflessione (oggetto tra l’altro di noti test psicologici) arriviamo a stabilire che la storia personale di un individuo è una costruzione fittizia della memoria, che cerca di collegare attraverso un filo puramente logico gli eventi che sensorialmente, emotivamente e cognitivamente la persona registra nel corso della propria esistenza.
Gli esseri umani allora non agiscono direttamente sulla realtà, perché ciascuno si crea una propria rappresentazione del mondo in cui vive; tale mappa, o modello, determina in buona parte l’esperienza di ogni individuo nel mondo, nella realtà… realtà che viene così riconfermata nella propria versione personale e senza mai accorgersi di quanto sia fittizia.
Ora, per “trascendere” questa rappresentazione (non per negarla) e quindi per viverla coscientemente, e semmai riformarla, è opportuno comprendere quali sono le modalità con cui questa mappa viene creata. Andare all’origine. Se la mia rappresentazione del mondo, della realtà è una mappa, devo prendere coscienza che il mondo, o la realtà, è un territorio sconfinato, vastissimo e decisamente fuori dal controllo dei limiti che io come persona, noi come cultura occidentale, e tutto il genere umano ci siamo posti.
Sul fatto che la realtà sia decisamente più vasta delle mappe che di essa l’uomo ha tracciato rimando a quell’incredibile quantità di paradossi logici e inspiegabili fenomeni fisici di cui abbonda la letteratura filosofico-scientifica.
Sul fatto che tali mappe (rappresentazioni) siano contemporaneamente personali, sociali e biologiche basti intanto ricordare che la realtà non può che essere filtrata dall’essere umano, in quanto, ad esempio, è noto che gli umani percepiscono tramite i propri sensi solo alcuni aspetti dell’esistente. Per portare un veloce esempio: le onde sonore inferiori ai 20 periodi al secondo e quelle superiori ai 20.000 non possono essere udite dall’orecchio umano. Quando al liceo studiai questi argomenti, mi parvero una conferma di ciò che avevo sempre sospettato, e cioè che gli esseri umani, di norma, sono decisamente impotenti nonostante la convinzione di essere lo scopo dell’esistenza. Mi sembrava così strano che sopra i 20.000 periodi l’udito non potesse avvertire le onde sonore… mi sembrava la prova lampante che la realtà è molto più vasta di quello che comunemente si percepisce. Capivo quindi che quelle che venivano considerate sciocchezze paranormali, spogliate dai loro medium (l’ambiguità è voluta), sono semplicemente percezioni diverse dalla norma ma non per questo meno vere. E lo stesso può valere per le allucinazioni sensoriali di uno psicotico o per gli effetti di una droga.
Ora, se già a livello biologico filtriamo la realtà con i sensi, ciò accade anche a livello culturale, sociale. Pensiamo a cosa ci ha lasciato scritto il Marchese M. de Montaigne:
“Sembra infatti che non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea delle opinioni e degli usi del paese in cui viviamo.”
E che dire di quell’aforisma che si può estrapolare dall’antropologia culturale di Lèvi-Strauss:
“Il barbaro è innanzitutto l’uomo che crede nelle barbarie.”
Esistono dunque dei filtri sociali dettati da una percezione della realtà condivisa da una determinata razza, da una cultura interna a questa razza, o da una sottocultura interna a questa cultura.
E infine, per tornare all’inizio, esistono dei filtri individuali tramite cui percepiamo la realtà, che sono scanditi dall’intera gamma delle esperienze dell’individuo e quindi, come già sottolineato, dalla sua storia personale.
In Eschilo ogni uomo soffre in sé e in silenzio e allo stesso modo comprende, vivendo questo avvenimento come una sorta di elevazione personale, scissa dalla società in cui vive. L’unica cosa che l’uomo può fare è sopportare, poiché gli dei gli hanno fatto questo dono, che è l’unico φάρμακον, (in greco il termine è una vox media, che può intendere sia la cura, sia il veleno) per i dolori umani e “irrimediabili”.
Sopportando si riesce a imparare, imparare a vivere prima di tutto, a conoscere il ritmo, la misura esatta.
” γίνωσκε δ’οἷος ῥυσμòς ἀνθρώπους ἔχει”
Archiloco esorta a conoscere il ritmo che governa gli uomini
Ne quid nimis ”Nulla di troppo” μηδὲν ἄγαν«niente di troppo», scolpito, secondo la tradizione, nel tempio di Apollo in Delfi e attribuito al dio stesso o a vari sapienti dell’antichità, ciò che l’uomo deve fare è semplicemente attendere una sorte più propizia, agendo μὴ λίην, senza sorpassare il confine , per evitare commettere ὕβρις superbia e tracotanza.
”Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. ”
verso 119 del canto XXVI dell’Inferno di Dante Alighieri; discorso che Ulisse rivolge ai suoi compagni per spronarli a continuare il loro viaggio oltre le colonne d’Ercole, confine ultimo del mondo allora conosciuto.
A che serve, poi, guadagnare pochi giorni o pochi anni? Siamo nati per combattere a oltranza. “E come me la caverò?” chiedi. Non puoi sfuggire al destino, puoi solo vincerlo. Ci si apre la strada con la forza, e questa strada te la indicherà la filosofia. Volgiti a essa, se vuoi essere salvo, sereno, felice, e infine, se vuoi essere, e questo è il massimo, libero; non si può diventarlo in altro modo. La stoltezza è cosa meschina, ignobile, sordida, da schiavi, soggetta a molte, violentissime passioni. La saggezza, l’unica vera libertà, allontana da te dei padroni tanto gravosi, che comandano un po’ alternativamente, un po’ tutti insieme.
Quid porro prodest paucos dies aut annos lucrificare? Sine missione nascimur. ‘Quomodo ergo’ inquis ‘me expediam?’ Effugere non potes necessitates, potes vincere. Fit via vi
et hanc tibi viam dabit philosophia. Ad hanc te confer si vis salvus esse, si securus, si beatus, denique si vis esse, quod est maximum, liber; hoc contingere aliter non potest. Humilis res est stultitia, abiecta, sordida, servilis, multis affectibus et sacrissimis subiecta. Hos tam graves dominos, interdum alternis imperantes, interdum pariter, dimittit a te sapientia, quae sola libertas est.
Epistulae morales ad Lucilium ,Libro 4
Seneca saluta il suo Lucilio
Marcet sine adversario virtus: tunc apparet quanta sit quantumque polleat, cum quid possit patientia ostendit. Scias licet idem viris bonis esse faciendum, ut dura ac difficilia non reformident nec de fato querantur, quidquid accidit boni consulant, inbonum vertant; non quid sed quemadmodum feras interest
Senza un avversario, la virtù marcisce: si vede quanto grande essa sia, e quanto valga, solo allorquando mostra il suo potere col sopportar delle prove. Sappi dunque che gli uomini buoni debbon far lo stesso: non devono temere ciò che è duro e difficile, non devono lamentarsi del destino, devono considerar come un bene e volgere in bene tutto ciò che accade. Non interessa ciò che tu sopporti, ma interessa la maniera in cui lo sopporti.
Non fert ullum ictum inlaesa felicitas; at cui adsidua fuit cum incommodis suis rixa, callum per iniurias duxit nec ulli malo cedit, sed etiam si cecidit de genu pugna
La felicità che è sempre rimasta illesa non sopporta nessun colpo; ma chi ha dovuto assiduamente lottare con le difficoltà si è incallito a forza di ricever molestie, e non cede di fronte a nessun male, e anche se cade, combatte ancora in ginocchio.
Lucio Anneo Seneca De providentia Quare aliqua incommoda bonis viris accidant, cum providentia sit