XVII La durata della vita dell’uomo è solo un punto il suo essere è in un flusso perpetuo; le sue sensazioni sono solo oscurità. Il suo corpo, fatto di tanti elementi, è facile preda della corruzione; la sua anima è un uragano; il suo destino è un oscuro enigma; la sua gloria sciocchezze. In una parola, tutto ciò che riguarda il corpo è un fiume che scorre; tutto ciò che riguarda l’anima è solo sogno e vanità; la vita è una lotta e il viaggio di un estraneo; e l’unica fama che ci attende dopo di noi è l’oblio. Chi può guidarci in mezzo a tante insidie? C’è una sola guida, una sola, è la filosofia
E la filosofia è far sì che il genio che è in noi [47] resta puro da ogni macchia e danno, più forte dei piaceri o delle pene, agendo in nessun modo con leggerezza, falsità o finzione, senza alcun bisogno di sapere cosa fa o non fa un altro, accettando eventi di ogni genere e il destino che gli capita, come un’emanazione dalla fonte da cui egli stesso proviene, e soprattutto, in attesa, in uno stato d’animo dolce e sereno, la morte, che prende per la semplice dissoluzione degli elementi di cui tutto l’essere è composto. Ora, se, per gli elementi stessi, non è affatto dannoso mutarsi perennemente l’uno nell’altro, perché guardare con un occhio fioco al mutamento e alla dissoluzione di tutte le cose? Questo cambiamento è conforme alle leggi della natura; e in quello che fa la natura, non c’è mai niente di sbagliato.
Quid sapiens investigaverit, quid in lucem protraxerit quaeris? Primum verum naturamque, quam non ut cetera ammalia oculis secutus est, tardis ad divina; deinde vitae legem, quam ad universa derexit, nec nosse tantum sed sequi deos docuit et accidentia non aliter excipere quam imperata.
Vetuit parere opinionibus falsis et quanti quidque esset vera aestimatione perpendit; damnavit mixtas paenitentia voluptates et bona semper placitura laudavit et palam fecit felicissimum esse cui felicitate non opus est, potentissimum esse qui se habet in potestate. Non de ea philosophia loquor quae civem extra patriam posuit, extra mundum deos, quae virtutem donavit voluptati, sed ilia quae nullum bonum putat nisi quod honestum est, quae nec hominis nec fortunae muneribus deleniri potest, cuius hoc pretimm est, non posse pretio capi.
Seneca Epistuale morales ad Lucillum ,Liber XIV
Ti chiedi che cosa il saggio abbia indagato, che cosa abbia portato alla luce? Anzitutto il vero e la natura, che il saggio non seguì, come gli altri esseri viventi, con occhi lenti a cogliere le componenti divine, poi la legge della vita, che egli allineò con i principi universali , ha insegnato non solo a conoscere gli dei, ma anche a seguirli e ad accettare come ordini divini gli eventi fortuiti dell’esistenza.
Ha proibito di credere alle false opinioni e ha ponderato con una vera valutazione quanto vale ogni cosa. Ha condannato i piaceri legati a pentimento e lodò i beni destinati ad essere graditi per sempre edichiarò apertamente che è felicissimo colui che non ha bisogno di felicità e il più potente è chi ha potere su se stesso.
Non parlo di quella filosofia, che pose il cittadino fuori della sua patria, gli dei fuori del mondo, che concesse al piacere la virtù, ma di quella che non considera nulla di bene se non ciò che è onesto, che non può essere sedotta ne’ dai doni dell’uomo ne’ da quelli della sorte, il cui pregio è questo, non poter essere corrotta da nessun prezzo.
Inoltre chi parla di uomini dovrebbe, come da un punto di vista privilegiato in alto, guardare a volo d’uccello le cose della terra, nelle sue adunanze, eserciti, allevamento, i suoi matrimoni e separazioni, le sue nascite e morti , il frastuono del tribunale e il silenzio del deserto, le molteplici razze barbare, le sue feste e lutti e mercati, il miscuglio di tutto questo e la sua ordinata congiunzione di contrari.
In ipsa securitate animus ad difficilia se praeparet et contra iniurias fortunae inter beneficia firmetur. Miles in media pace decurrit, sine ullo hoste vallum iacit, et supervacuo labore lassatur ut sufficere necessario possit; quem in ipsa re trepidare nolueris, ante rem exerceas. Hoc secuti sunt qui omnibus mensibus paupertatem imitati prope ad inopiam accesserunt, ne umquam expavescerent quod saepe didicissent.
Anche nei momenti di tranquillità l’animo si prepari ai tempi difficili e quando va tutto bene si rafforzi contro i colpi della sorte. Il soldato fa le esercitazioni in tempo di pace, costruisce trincee quando non ci sono nemici e si sottopone a fatiche inutili per essere in grado di sostenere quelle necessarie; se non vuoi che uno sia in preda al terrore al momento della prova, fallo esercitare prima. Hanno seguito questo metodo quegli uomini che, per un po’ ogni mese, vissero da poveri, quasi fino all’indigenza, così da non temere mai quello stato che avevano conosciuto frequentemente.
L. ANNAEI SENECAE EPISTULARUM MORALIUM AD LUCILIUM II
LETTERE A LUCILIO DI SENECA II LIBER SECUNDUS – LIBRO SECONDO
Marcet sine adversario virtus: tunc apparet quanta sit quantumque polleat, cum quid possit patientia ostendit.
Scias licet idem viris bonis esse faciendum, ut dura ac difficilia non reformident nec de fato querantur, quidquid accidit boni consulant, inbonum vertant; non quid sed quemadmodum feras interest
Senza un avversario, la virtù marcisce: si vede quanto grande essa sia, e quanto valga, solo allorquando mostra il suo potere col sopportar delle prove.
Sappi dunque che gli uomini valorosi debbon far lo stesso: non devono temere ciò che è duro e difficile, non devono lamentarsi del destino, devono considerar come un bene e volgere in bene tutto ciò che accade.
Non interessa ciò che tu sopporti, ma interessa la maniera in cui lo sopporti.
Dedicato alle mie figlie, alle mie allieve, a tutte le donne guerriere
Archetipo pagano ed ancestrale, non conciliabile con le credenze cristiane ,necessitanti ”dello scudo della verginità” per mantenere il carisma che le consente, temporaneamente, di comandare gli uomini in battaglia, lontane dalle attuali tendenze misandriche , assai diffuse nelle attuali terre del nord e non solo, dall’imperante ”pensiero unico”.
Le Skjaldmær erano ragazze che come i giovani uomini godevano di una relativa libertà sessuale e praticavano le arti del combattimento e quelle intellettuali della conoscenza. Si ispiravano aFreyja, la dea che ama i canti d’amore e incita gli innamorati ad invocarla, ma che nel contempo solca furente i campi di batraglia e alle Valkyrie entità semidivine dedite alla raccolta di vite vissute con onore ,coraggio, sprezzo del pericolo.
«… loro ti chiamano Ecate, dea dai molti nomi, Mene, Artemide lanciatrice di dardi, Persefone, Signora dei cervi, luce nel buio, dea dai tre suoni, dea dalle tre teste, Selene dalle tre voci, dea dal triplo volto, dea dal triplo collo, dea delle tre vie, che tiene, la fiamma perpetua in tre contenitori, tu che offri la tripla via, e che regni sulla tripla decade.»
La mitologia è l’archetipo della donna guerriera trova il suo riferimento nella triplice dea che è la manifestazione di funzioni differenziate nell’alveo della cultura indoeuropea.
Seducente, seduttiva,prospera di fecondità, vendicativa…
La Dea triplice nello Shaktismo, una forma di Induismo, in cui le tre entità di Sarasvati, Lakshmi e Kālī e le loro sotto-manifestazioni sono tre aspetti di Maha Devi (La Grande Dea) nelle antiche mitologie indo-europee, varie dee o semidee costituivano triadi le greche Moire, Grazie, Parche e le nordiche Norne o erano singole divinità ma raffigurate in tre aspetti la greca Ecate.
La Dea triplice fu anche studiata da psicologi studiosi degli archetipi come Kerenyi e Jung, più di recente è l’archeologa Marija Gimbutas i cui studi sull’Europa antica hanno aperto nuove strade di ricerca.
Georges Dumézil’ ipotizzò che l’antica società Indoeuropea fosse strutturata attorno a tre attività: adorazione, guerra e fatica. In tempi successivi, quando il lavoro schiavo divenne comune, le tre funzioni vennero viste come “classi” separate, furono rappresentate ciascuna dal proprio divinità. Dumézil ha inteso questa mitologia come il riflesso e la convalida delle strutture sociali nel suo contenuto: un tale sistema di classi tripartito si trova negli antichi testi indiani, iraniani, greci e celtici. A suo parere alcune dee rappresentavano queste tre qualità come diversi aspetti tra cui quelle iraniana Anāhitā, il vedico Sarasvatī e il romano Juno.
La donna guerriera emerge dall’archetipo indoeuropeo della tiplice dea, seducente, tenera madre, inquietante strega guerriera, nella veste di Magna Mater, che può manifestarsi come dispensatrice di prosperità, di fecondità e di armonia, ma anche come portatrice di morte (confer AXIS MUNDI MARCO MACULOTTI ) : in cambio della sua benevolenza verso gli uomini ella pretenderebbe un sacrificio umano. Questo duplice – e apparentemente opposto – valore di vita e morte è insito non solo nella natura delle Grandi Madri, ma anche nell’elemento dell’acqua che Tacito associa a Nerthus: l’acqua richiama tanto la rigenerazione e la vita quanto l’incombere della morte.
confer AXIS MUNDI
In generale Nerthus/Herthum è collegata a figure femminili di prosperità, ma anche di morte: Frigg, sposa di Odhinn, la Dama Holla, ‹‹servita da un sacerdote cui spettava approntare il suo carro a vela, affinché potesse riapparire tra gli uomini per diffondere i suoi benefici››, la dea Holda ‹‹che si aggira per i paesi […] per distribuire benedizioni e maledizioni. È una divinità agraria, dea della terra, responsabile della fertilità del suolo. La processione che le rende omaggio è sempre seguita da un buon raccolto. Come Nerthus […] si bagna nei laghi. La dea benigna si sdoppia in una dea temibile. È una divinità della morte che rapisce le anime dei bambini››, cfr. Bulteau, Le figlie delle acque, pp. 106-107.
Questa piccola statuetta di guerriera vichinga scoperta ad Harby, in Danimarca, è stata interpretata come una valchiria mitologica.
CONFER La tridevi (in devanagari: त्रिदेवी, sanscrito: tridevī, con il significato di “tre dee”) è un concetto dell’induismo, che rappresenta la versione femminile della trimurti. Consiste nella triade di dee Sarasvati, Lakshmi, e Parvati. Nello shaktismo, queste divinità trine sono le manifestazioni della dea suprema Mahadevi
Sarasvati è la dea dell’apprendimento, delle arti e della realizzazione culturale, nonché la consorte di Brahma, il creatore. È intelligenza cosmica, coscienza cosmica e conoscenza cosmica.
Lakshmi è la dea della ricchezza, della fertilità, del buon auspicio, della luce e della realizzazione materiale e spirituale, nonché la consorte di Visnù, il mantenitore o preservatore. Tuttavia, Lakshmi non significa mera ricchezza materiale, ma anche prosperità astratta, come gloria, magnificenza, gioia, esaltazione e grandezza, e realizzazione spirituale che si traduce in moksha.
Parvati è la dea del potere, della guerra, della bellezza, dell’amore, nonché la consorte di Siva, il distruttore del male o trasformatore. A volte è identificata con Durgā o Kālī.
confer
Tractatus de mulieribus claris in bello è una breve opera greca antica di un autore anonimo,che discute quattordici donne antiche famose, non tutte le donne discusse sono guerriere e solo alcune sono ritratte come abili strateghe militari. Fu scritto verso la fine del II o l’inizio del I secolo ac.
Nella storia antica , un numero significativo di donne nelle società scite e sarmate ha partecipato al combattimento, fungendo potenzialmente da fonte di ispirazione per i miti dell’antica Grecia delle Amazzoni , secondo recenti interpretazioni il termine linguistico indopersiano ”coloro che combattono. ” altre tradizioni donne senza un seno.
Mosaico raffigurante Amazzoni a caccia – Museo di Antiochia
Nell’antica Grecia , si dice che diverse donne abbiano partecipato alla guerra di Troia , tra cui Epipole diCaristo e Pentesilea
Erodoto narra che le Amazzoni, della Scizia, dove sarebbero emigrate dopo essere state sconfitte dai guerrieri greci, le amazzoni si uniscono, anche carnalmente, ai guerrieri sciti, dando origine al popolo dei Sarmati. Le donne combattono a cavallo insieme agli uomini, indossano gli stessi abiti e rimandano il matrimonio fino a che non hanno ucciso, pare almeno un nemico in battaglia.
Alcune teorie sostengono che le guerriere germaniche (marcomanni, goti ed altri ) fossero in realtà scizie o sarmati o iagizi
“La guerra non è faccenda da donne, eppure nel sanguinoso scacchiere dell’Italia del Quattrocento può accadere di tutto, anche che una fanciulla venga addestrata a combattere come un uomo. Il suo nome è Bona Lombardi. Cuore puro e occhi verdi come pietre di fiume, nel suo sangue scorre la ribellione: contro il destino che spetta alle donne, contro i soprusi degli uomini, contro chi ti attende nell’ombra per strapparti la vita o la dignità”.
致虛極,守靜篤。萬物並作,吾以觀復。夫物芸芸,各復歸其根。歸根曰靜,是謂復命。復命曰常,知常曰明。不知常,妄作凶。知常容,容乃公,公乃王,王乃天,天乃道,道乃久, 沒身不殆。 道德經 XVI, 16 Dao De Jing
致虛極. Arriva al culmine del vuoto 守靜篤 mantieni con fermezza la quiete 萬物並作 i diecimila esseri tutti insieme sorgono 吾以觀復 Io contemplo il loro ritorno 夫物芸芸 tornano a casa ciascuno alle proprie radici 各復歸其根 Tornare alle radici è quiete 是謂復命 è tornare al proprio destino 命曰常 Tornare al proprio destino è l’eterno 知常曰明 Conoscere l’eterno è illuminazione 不知常 non conoscere 妄作凶 è essere senza radici 知常容 Conoscere l’eterno è comprendere 容乃公 comprendere perciò essere imparziali 公乃王 imparziali(equi) perciò regali 王乃天 regali perciò celesti 天乃道 celesti perciò uniti con il Dao 道乃久 uniti con il Dao perciò eterni 沒身不殆。Senza un io nessun pericolo(sconfitta)
Quindi, dunque, mettete da parte tutto il resto, e aggrappatevi saldamente solo a questi pochi punti.
Ricorda sempre anche che l’unico tempo che viviamo è solo il presente, cioè un istante impercettibile; e che, per le altre parti della durata, o le abbiamo vissute, o non sappiamo mai se dobbiamo viverle.
È quindi ben poco che il tempo che ognuno di noi vive; il misero angolo della terra dove abitiamo è molto piccolo. Anche questa fama ci sopravvive pochissimo, anche se prendiamo quella che dura di più.
E questa stessa fama è dovuta solo alla successione di questi poveretti, che moriranno tra un momento e che non si conoscono, lungi dal poter conoscere qualcuno che è morto da tanti anni.
“occorre anche osservare le cose terrene come da un luogo elevato si guarda verso il basso: mandrie, eserciti, campi coltivati, matrimoni, divorzi, nascite, morti, clamore di tribunali, terre deserte, popolazioni barbariche varie, feste, lamentazioni, mercati, tutto questo gran miscuglio e l’armonioso ordine che nasce dagli opposti.” [A Se Stesso ,VII, 48]
Inoltre chi parla di uomini dovrebbe, come da un punto di vista privilegiato in alto, guardare a volo d’uccello le cose della terra, nelle sue adunanze, eserciti, allevamento, i suoi matrimoni e separazioni, le sue nascite e morti , il frastuono del tribunale e il silenzio del deserto, le molteplici razze barbare, le sue feste e lutti e mercati, il miscuglio di tutto questo e la sua ordinata congiunzione di contrari.
Impermanenza Transitorietà di tutte le cose
“Pensa continuamente all’insieme di tutto il tempo e l’insieme di tutta la sostanza; pensa che ogni singola parte non è, rispetto alla sostanza, che un semino di fico, e un giro di trapano rispetto al tempo.” [A Sé Stesso, X, 17]
[II,9,1] Bisogna sempre ricordare questo: quale sia la natura del cosmo; quale sia la mia natura e in quale relazione questa stia con quella; quale parte di quale cosmo essa sia; che nessuno può impedire di fare e di dire sempre ciò che è conseguente con la natura della quale sei parte