“Ho sentito quest’impressione oggi: che ogni cosa rinchiudeva in sé quasi un etere, un’ombra che ne seguisse la forma; e che questi contenuti mistici nei corpi si siano distaccati, e si siano elevati su, leggeri, formando un altro piano e lasciando al basso, intatte, le spoglie oscure. Effettivamente, mi sento come se una grazia mi avesse distaccato ormai dal corpo, dal pensiero, dalla malattia dell’essere. Mi accadono cose inesplicabili e indicibilmente belle. Non ho il coraggio di toccarle, di esprimerle nemmeno a me stesso. Ora sento come deve esser morto Rimbaud! Mi hanno carezzato, e ho dimenticata l’ultima smorfia del tormento e dell’ira. L’oscurità diviene luce. Conosco oggi cosa sia la gioia solare. Benedico tutto quel che ho sofferto”.
(Julius Evola, pagina di diario, 14 luglio 1921 – vd. A. Scarabelli, Vita avventurosa di Julius Evola, Bietti 2024).
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