Il tratto più caratteristico nel dadaismo era anche la sdrammatizzazione di codeste negazioni, cui si voleva togliere ogni pathos traducendole nelle forme del paradosso freddo e della pura contraddizione. “Dada non è serio – diceva ancora lo stesso Tzara. – Non si commuove per le disfatte dell’intelligenza. Con tutte le forze, lavora per l’introduzione, dappertutto, dell’idiozia”. “Il vero dadaismo è contro il dadaismo, si trasforma, afferma, dice nello stesso istante il contrario, senza darvi importanza”. (Si possono trovare tali espressioni nei 7 Manifestes Dada di T. Tzara, raccolti in un volume uscito poi a Parigi nel 1924). Esteriormente, queste posizioni non erano prive di una certa analogia col metodo dell’assurdo usato da alcune scuole esoteriche estremo-orientali – il Ch’an e lo Zen – per far saltare tutte le sovrastrutture del mentale: anche se, naturalmente, in queste lo sfondo è del tutto diverso. Si sarebbe potuto anche riandare alle parole di Rimbaud sul metodo della veggenza ottenuto con uno “sregolamento ragionato di tutti i sensi”.
di Julius Evola
tratta da “Il cammino del Cinabro” (capitolo II)
L’arte astratta e il dadaismo
La sessualità era, quindi, vista come una manifestazione della potenza del divino, una irruzione della trascendenza nell’immanenza della vita terrena, un segno delle possibilità più alte presenti nell’uomo.
«si avventurò in terrae incognitae raramente o mai frequentate sia ieri che oggi dagli uomini di cultura del Bel Paese, esplorandole, descrivendole in opere spesso ancora uniche nel loro genere». Gianfranco de Turris
”espressione pura dello spirito con riferimenti ermetici ed esoterici; infine, gli anni Sessanta con le repliche delle sue opere storiche e alcuni dipinti figurativi che si discostano dalla sua produzione giovanile. Pur dedicandosi alla pittura per un arco di tempo brevissimo, Evola ha attraversato la stagione delle Avanguardie interpretandone con originalità i temi e le istanze. Denominatore comune della sua pratica: la ricerca spirituale”. Vittorio Sgarbi
“Qui sorge una vita nuova, si pone un nuovo inizio, si apre un nuovo ciclo. La «luce della vita», si riaccende. Sorge o nasce dalle acque l’«eroe solare». Di là dall’oscurità e dal gelo mortale viene vissuta una rinascita, una liberazione. Il simbolico albero del mondo e della vita si anima di nuova forza. E’ in relazione a tutti questi significati che già in tempi preistorici anteriori di millenni all’èra volgare una quantità di riti e di feste sacre andarono a celebrate la data del 25 dicembre, come data di nascita o rinascita, nel mondo così come nell’uomo, della forza «solare»” Julius Evola
Immagine Laurent Grasso Studies into the Past olio su legno
‘Nel mito solare un punto ha però avuta sempre una importanza speciale, fin dalla più alta preistoria, fin dalla stessa “civiltà dei dolmen”; il punto in cui la luce solare sembra tramontare ed estingersi, abbandonare la terra desolata su cui ecco che poi, di nuovo, risplende: è il solstizio d’inverno. Qui appare un simbolo fondamentale: l’ascia.’
Julius Evola
“Nel simbolismo primordiale il segno del sole come “Vita”, “Luce delle Terre”, è anche il segno dell’Uomo. E come nel suo corso annuale il sole muore e rinasce, così anche l’uomo ha il suo “anno”, muore e risorge. Questo stesso significato fu suggerito, nelle origini, dal solstizio d’inverno, a conferirgli il carattere di un “mistero”. In esso la forza solare discende nella “Terra”, nelle “Acque”, nel “Monte” (ciò in cui, nel punto più basso del suo corso, il sole sembra immergersi), per ritrovare nuova vita. Nel suo rialzarsi, il suo segno si confonde con quello de “l’Albero” che sorge (“l’Albero della Vita” la cui radice è nell’abisso), sia “dell’Uomo cosmico” con le “braccia alzate”, simbolo di resurrezione. Con ciò prende anche inizio un nuovo ciclo, “l’anno nuovo”, la “nuova luce”. Julius Evola
Storia che ha inizio ma una fine non ha Nato in un angolo di mondo io fui Son figlio di luoghi e di giorni effimeri Di volti e delle voci e dei profumi che le notti portavano a me Omnia fert aetas Nomen est omen Su strade colme o vuote è il mio spettacolo Erro e dimoro ovunque e da nessuno sto Compagni di viaggio il sogno condividono Bicchiere colmo passo un’altra storia di raminghi, artisti racconterò Omnia fert aetas Nomen est omen Moto apparente delle cose inutili Cambiano vorticosi stati d’animo Un relativo punto fermo io non ho Le ore sempre cantano di stagioni e di domande senza una replica Omnia fert aetas Nomen est omen Sorte mi affida un posto fortuito Senza sapere quando lo pretenderà Cosi’ bevo un sorso di ogni breve attimo Senza esitare sguardi nei miei ricordi imprimo un’altra storia mi attende già Omnia fert aetas Nomen est omen “Tempo è una retta via Che si chiude in un cerchio e va Verso idea d’infinito io scivolai Certo che tutto andrà Senza me”
A qualunque costo imprimere ad ogni occupazione, anche quella più modesta, un carattere di completezza fino a rendere intero il frammento e dritto il curvo.. Julius Evola
”il misurare se stessi in una speciale contemplazione della morte, vivere ogni giorno in un presente, come se fosse l’ultimo giorno , la direzione da imprimere al proprio essere come una forza magnetica che potrà anche non manifestarsi in questa esistenza con la rottura completa di livello ontologico propria alla ”iniziazione” ma che non mancherà di scattare al momento giusto, per portare oltre”
In una solitaria ed individualissima scelta dettata ” da soluzioni estreme per colmare il vuoto interiore, dimostrando a se stessi una superiore Libertà” Realizza un intima calma e fermezza, che consentano di far si che ” se nulla puoi sul tuo nemico, nulla esso possa su di te, suscitando in sè stessi un ulteriore dimensione della trascendenza, immanente , un risveglio tramite un’ iniziazione … per coloro che intendano tentare la via verticaleall’Incondizionato, si dovrà imboccare naturalmente una via pericolosa , simile all’avventurarsi in un paese selvaggio, senza avere credenziali , nè una carta geografica esatta….
”il misurare se stessi in una speciale contemplazione della morte, vivere ogni giorno in un presente, come se fosse l’ultimo giorno , la direzione da imprimere al proprio essere come una forza magnetica che potrà anche non manifestarsi in questa esistenza con la rottura completa di livello ontologico propria alla ”iniziazione” ma che non mancherà di scattare al momento giusto, per portare oltre”
Julius Evola Cavalcare la Tigre
A qualunque costo imprimere ad ogni occupazione, anche la più modesta, un carattere di completezza fino a ” rendere intero il frammento e dritto il curvo”
”il misurare se stessi in una speciale contemplazione della morte, vivere ogni giorno in un presente, come se fosse l’ultimo giorno , la direzione da imprimere al proprio essere come una forza magnetica che potrà anche non manifestarsi in questa esistenza con la rottura completa di livello ontologico propria alla ”iniziazione” ma che non mancherà di scattare al momento giusto, per portare oltre”
Julius Evola Cavalcare la Tigre
Nicholas Roerich
Echi della ”Via stoica” da Marco Aurelio Perficie omnia facta vitae quasi heac postrema essent a Seneca Protinus vive giungendo ad altre imprevedibili sentieri Castaneda
ποριεῖς δέ, ἂν ὡς ἐσχάτην τοῦ βίου ἑκάστην πρᾶξιν ἐνεργῇς,
Τὰ εἰς ἑαυτόν
Συγγραφέας: Μάρκος Αυρήλιος
Perfice Omnia facta vitae quasi haec postrema essent
Te ne affrancherai compiendo ogni singola azione come fosse l’ultima della tua vita, lontano da ogni superficialità e da ogni
avversione passionale alle scelte della ragione e da ogni finzione, egoismo e malcontento per la tua sorte.
Marco Aurelio
A se stesso
(pensieri)
Nicholas Roerich
Don Juan: Non ho detto che devi preoccuparti della morte” Castaneda: Allora cosa devo fare? Don Juan : Usala. Metti a fuoco la tua attenzione sul legame tra te e la tua morte, senza rimorsi o tristezza o inquietudine. Metti a fuoco la tua attenzione sul fatto che non hai tempo e lascia che le tue azioni fluiscano di conseguenza. Fai che ognuna delle tue azioni sia la tua ultima battaglia sulla terra. Solo a queste condizioni le tue azioni avranno il loro potere legittimo. Altrimenti per quanto tu possa vivere ,saranno le azioni di un uomo timido. Castaneda: E’tanto terribile essere un uomo timido? Don Juan: No, Non lo è se sei immortale, ma se devi morire , non c’è tempo per la timidezza ,semplicemente perchè la timidezza ti fa attaccare a qualcosa che esiste solo nei tuoi pensieri Ti sostiene finchè c’è bonaccia ,ma poi il mondo terribile e misterioso aprirà la bocca per te, come l’aprirà per ciascuno di noi, e allora tu ti renderai conto che i tuoi modi sicuri non erano sicuri per niente. Essere timidi ci impedisce di esaminare e approfittare del nostro destino di uomini.
La consapevolezza che si deve morire e che quindi si ha un tempo limitato può tagliar via un enorme quantità di meschinità e di autoindulgenze dalla propria vita. Tutti quei pensieri che la gente ha in punto di morte ,rimpianti per il tempo sprecato e le opportunità perdute, per i rischi non corsi e i cedimenti all’inerzia, tutti quei pensieri ”se potessi rifarlo” ,tutto questo può essere portato al presente ,prima che le opportunità siano passate, finchè le porte sono ancora aperte, e una persona possa essere galvanizzata e spinta a cominciare ad assumersi consapevolmente delle responsabilità per vivere una vita piena.
成語(2):騎虎難下。 Chinese Proverb: He Who Rides a Tiger is Afraid to Dismount.
It is said that the English idiom "Ride a Tiger" comes from a Chinese proverb "He who rides (騎) a tiger (虎) is afraid (難) to dismount (下). " John Ayto in his Oxford Dictionary of English Idioms explains this Chinese proverb very well. It says that "ride a tiger" denotes "take a responsibility or embark a course of action which subsequently cannot be safely abandoned." Why cannot be safely abandoned? Because the responsibility or the course of action has now changed into a 'tiger'--uncontrollable, doesn't listen to you, hard to tell to stop. There was no 'tiger' in the first place, but now you have it. Chinese-speaking people say "now you 騎虎難下了," while English-speaking ones say " Now you are riding a tiger." Pronounce it : 騎(chiˊ)虎(huˇ)難(nanˊ)下(shiaˋ)。By the way, the Chinese word「難」isn't 'afraid,' , but ' difficult, hard.' This Chinese proverb has said nothing about someone 'afraid' of doing something. It says that the dilemma--riding a tiger (騎虎)--is difficult (難)or hard (難) to resolve.
成語(2):騎虎難下。 Proverbio cinese: Chi cavalca una tigre ha paura di smontare. Si dice che l’idioma inglese “Ride a Tiger” derivi da un proverbio cinese “Chi cavalca (騎) una tigre (虎) ha paura (難) di smontare (下). ” John Ayto nel suo Oxford Dictionary of English Idioms spiega molto bene questo proverbio cinese. Dice che “cavalcare una tigre” denota “assumersi una responsabilità o intraprendere una linea d’azione che successivamente non può essere abbandonata in sicurezza”. Perché non può essere abbandonato in sicurezza? Perché la responsabilità o la linea d’azione è ora cambiata in una “tigre” – incontrollabile, non ti ascolta, difficile dire di smettere. Non c’era nessuna “tigre” in primo luogo, ma ora ce l’hai. Le persone di lingua cinese dicono “ora tu 騎虎難下了”, mentre quelle di lingua inglese dicono “Ora stai cavalcando una tigre”. Pronuncialo: 騎(chiˊ)虎(huˇ)難(nanˊ)下(shiaˋ)。A proposito, la parola cinese「難」non è ‘paura’, ma ‘difficile, difficile.’ Questo proverbio cinese non ha detto nulla su qualcuno che ha “paura” di fare qualcosa. Dice che il dilemma – cavalcare una tigre (騎虎) – è difficile (難) o difficile (難) da risolvere.
È difficile cavalcare una tigre (idioma cinese) modificare
È difficile scendere a cavallo di una tigre, l'idioma cinese, pinyin, è qí hǔ nán xià, il che significa che è impossibile scendere a dorso di una tigre. La metafora è che è difficile andare avanti con una cosa, ma la situazione non gli permette di fermarsi a metà, ed è in un dilemma
” In fatto di azione immediata, bisogna prender anzitutto posizione di fronte al pensiero e ai processi psichici.”
“Non conosco nulla che, non frenato, non controllato, non guardato, non domato, conduca a sì gran rovina, quanto il pensiero, e non conosco nulla che ,frenato, controllato, guardato, domato, produca tanti benefici quanto il pensiero” Anguttara-nikayo
Il pensiero che ognuno leggermente dice “mio” in realtà è solo in certo grado in nostro potere.
In molti casi più che “pensare” sarebbe esatto dire si “Si è pensati” ” si pensa in me” non cogito, ma cogitor.
In via normale la caratteristica del pensiero è la labilità.
“Incorporeo” viene detto “esso cammina da solo” ,esso” corre qua e là, come un toro non domato”…
La dottrina del Risveglio Julius Evola pag. 127 Difesa e consolidamento