Dum loquimur, fugerit invida aetas:carpe diem, quam minimum, credula postero

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros.
Ut melius, quicquid erit, pati.
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces.
Dum loquimur, fugerit invida
aetas:carpe diem, quam minimum, credula postero

Non chiedere, è peccato saperlo, quale fine a
me, a te gli dei abbiano assegnato, o Leuconoe, e non affidarti ai calcoli caldei.

Com’è meglio sopportare tutto quello che sarà, sia
che Giove ci abbia concesso più anni sia come ultimo questo che ora sfianca il mare
Tirreno contro le opposte scogliere; sii saggia, filtra il vino, e per la brevità del tempo
tronca una speranza (troppo) lunga.


Mentre parliamo, sarà fuggito via il tempo invidioso:
cogli il giorno, il meno possibile fidandoti del domani

Odi I, 11Orazio

  1. Tu: enfatico in posizione iniziale, a dar rilievo al divieto seg. – ne quæsieris: “non chiedere”; forma sincopata;
    normale l’imperativo negativo così espresso – scire nefas: ”Saperlo (è) peccato”; il sostantivo cerca di rendere il
    concetto latino, che ha connotazione religiosa, denotando violazione di una norma divina, mentre ius allude alla sfera umana; posizione analoga a Carm. 3,29,29 sgg. – quem: “quale”, aggettivo interrogativo, attributo di finem, ripetuto in
    anafora – mihi… tibi: può essere accenno discreto al legame sentimentale tra i due, con la donna che, più insicura,
    cerca di sapere in ogni modo cosa le riserba il futuro, preoccupandosi per prima cosa dell’innamorato; si osservi l’asindeto
  2. finem: termine generico, può oscillare tra la “fine” della vita e anche quella del loro amore, se i due pronomi precedenti si riferiscono all’attualità di una liaison sentimentale – Leuconoe: grecismo, è vocativo – nec: coordina il
    seg. temptaris (= temptaveris, forma sincopata) al prec. quaesi(v)eris, ed è irregolare (ci vorrebbe neve/neu) – Babylonios: tradizionale riferimento all’astrologia caldea, diffusa in Roma, come tante altre pratiche e culti di provenienza orientale.
  3. numeros: “i calcoli”, necessari in astrologia per conoscere corso e posizione degli astri e procedere quindi alla stesura degli oroscopi – ut: con valore avverbiale, “quanto” – melius: sottinteso est, con significato analogo in italiano, regge l’infinito pati “sopportare”, con l’idea dell’accettazione cosciente e consapevole: eco certa in Ov. Her. 18,
    51 – quicquid erit: “tutto quel che sarà”, così anche Virgilio (Aen. 5,710).
  4. pluris (=es): “parecchi”, in aggiunta all’attuale, da contrapporre ad ultimam hiemem. ‘Inverni’ per ‘ann’, in una sineddoche che è suggerita dalla stagione, alludendo però, con ogni probabilità, anche all’inverno della vita, la vecchiaia
    – tribuit: (sott. nobis), “(ci) ha assegnato, concesso”; preferibile considerarlo un perfetto, pur pensando taluni ad un
    presente; ha per soggetto Iuppiter.
  5. nunc: “adesso”, precisazione cronologica di Ovidio – debilitat: “sfianca”, ha per oggetto mare Tyrrhenum; nel verbo
    l’idea di sfinimento umanizza il mare, Virgilio (Aen. 10,304 usa fatigat) – oppositis pumicibus: “contro le opposte scogliere”; il sostantivo allude più propriamente a rocce di origine lavica.
  6. sapias: congiuntivo del linguaggio colloquiale, come i seguenti liques e reseces; è più efficace dell’imperativo; verbo
    non casuale (lett. “aver sapore”), è un invito esplicito ad avere “sale in zucca”, con metafora che la traduzione, “sii saggia”, banalizza – vina liques: “filtra il vino”, per evitare residui ed impurità sgradevoli, frequenti nei vini antichi, a
    causa della loro densità – spatio brevi: ablativo causale “per la brevità dello spazio”, ove il vocabolo allude alla
    brevità dell’esistenza. Ma si suggeriscono altre interpretazioni, legando più strettamente l’espressione a quella seguente
    (“recidi entro il breve spazio una lunga speranza”).
    Florilegium
    11
  7. reseces: nel prefisso l’invito a rendere abituale, scontata l’azione (quasi un: “abituati a troncare”) – dum loquimur: “mentre stiamo parlando” – fugerit: futuro anteriore, ad accrescere l’enfasi e a sancire conclusione inevitabile
    ed irreparabile, di cui invida (“invidioso”) è spia eloquente, mentre aetas, in enjambement, è “il tempo”, inteso come durata della vita, come il greco aijwvn.
  8. carpe diem: “cogli il giorno”, come un frutto prezioso, da assaporare e gustare appieno, nell’incertezza totale del futuro; evidente eco epicurea (cfr. EPIC. Ep. ad Men. 126) – quam minimum: “il meno possibile”, forma rafforzata di
    superlativo avverbiale – credula: “fidando, fiduciosa”, ma è riduttivo perché richiama con garbo, condannandola,
    l’inutilità dei tentativi iniziali, dovuti ad una credulità che non ha senso né giustificazione – postero: attributo di un
    sottinteso diei, “il giorno dopo”; nell’incertezza del futuro, anche il solo “domani” può essere rischioso (cfr. Epist. 1,4,
    13-14).

Dum loquimur, fugerit invida aetas:carpe diem, quam minimum, credula postero

Ad Utrumque Paratus

Ecce, manus iuvenem interea post terga revinctum pastores magno ad regem clamore trahebant Dardanidae, qui se ignotum venientibus ultro, hoc ipsum ut strueret Troiamque aperiret Achivis, obtulerat, fidens animi atque ad utrumque paratus, seu versare dolos seu certae occumbere morti.
deciso a condurre l’inganno a termine oppure a subire con animo fermo la morte (Virgilio, Eneide, II, 61-62).


Ecco frattanto i pastori dardanidi trascinavano, legato le mani alla schiena, un giovane davanti al re con gran chiasso, che s’era offerto sconosciuto volontariamente a loro che passavano, per ordir proprio questo e aprir Troia agli Achei, sicuro di spirito e preparato ad entrambi i casi, sia a tentare gli imbrogli sia ad affrontare morte sicura.

Virgilio, opera Eneide parte Libro II Sinone il greco 61-62

Sinone ha un ruolo di primo piano nelle vicende che portarono alla caduta della città: egli infatti si fece appositamente prendere prigioniero dai Troiani, e una volta catturato riuscì a convincerli ad introdurre dentro le mura il famoso cavallo di legno che i Greci avevano costruito simulando l’intenzione di volerlo offrire in segno di riconciliazione e di espiazione.
I Troiani, anche se avvertiti da Laocoonte si lasciarono convincere e accolsero il cavallo entro le mura; ma nel cuore della notte lo stesso Sinone fece uscire i Greci che si erano nascosti nel ventre della statua dando inizio alla conquista della città.

Il frammento virgiliano ad utrumque paratus è stato utilizzato come motto dai sovrani spagnoli (XVII sec.) ed è tuttora il motto delle forze submarine spagnole. Inoltre, è riportato sullo stemma del Comune francese Monistrol-sur-Loire.

Non est arbor solida nec fortis nisi in quam frequens uentus incursat Seneca

Un albero non diventa solido e robusto se non è continuamente investito dal vento e sono queste raffiche che ne fanno il fusto compatto e ne rinsaldano le radici, che si abbarbicano con maggior forza al terreno; fragili sono invece quegli alberi che crescono in una valle tranquilla, esposta solo ai raggi del sole. Perciò nel loro stesso interesse, affinché nulla possa atterrirli, è necessario che i ”virtuosi” attraversino spesso esperienze dolorose, sopportando con animo sereno ciò che non è di per se stesso un male ma che diventa tale solo per chi non è disposto a sopportarlo.
Lucio Anneo Seneca
Non est arbor solida nec fortis nisi in quam frequens uentus incursat; ipsa enim uexatione constringitur et radices certius figit: fragiles sunt quae in aprica ualle creuerunt. Pro ipsis ergo bonis uiris est, ut esse interriti possint, multum inter formidolosa uersari et aequo animo ferre quae non sunt mala nisi male sustinenti.

Onora la tenebra rispetta le radici affonda nella Terra ferrosa ma torna alla Luce guerriero respirando le stelle… con tutto il tuo Cuore…. Nella tempesta….tra le fitte nebbie, nel crepaccio, dove ogni cosa appare dolorosamente inevitabile, densamente univoca…. la trama si nasconde, aggrovigliandosi e dell’arazzo si vedono solo fili contorti si sentono solo tempie pulsanti…. è la terra, che nutre, ma toglie il respiro ….. l’Aria è più in alto, lo Spazio Altrove…. stai quieta anima stai nella mischia e fai ciò che puoi… il resto è fragore di Marte non il Cosmo

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