Nell’uso dei principî bisogna assomigliare al pancraziaste, non al gladiatore: questi, infatti, depone e riprende la spada che usa, mentre il primo la sua mano l’ha sempre e non deve far altro che serrarla.

Ὅμοιον εἶναι [δεῖ] ἐν τῇ τῶν δογμάτων χρήσει παγκρατιαστῇ, οὐχὶ μονομάχῳ· ὁ μὲν γὰρ τὸ ξίφος ᾧ χρῆται ἀποτίθεται καὶ ἀναιρεῖται· ὁ δὲ τὴν χεῖρα ἀεὶ ἔχει καὶ οὐδὲν ἄλλο ἢ συστρέψαι αὐτὴν δεῖ.
MARCUS AURELIUS – Τὰ εἰς ἑαυτόν XII

Tutto è opinione, e questa dipende da te. Quando vuoi, quindi, sopprimi l’opinione e, come chi ha doppiato il promontorio, troverai bonaccia, calma degli elementi e un golfo al riparo dei flutti.

Ὅτι πάντα ὑπόληψις καὶ αὕτη ἐπὶ σοί. ἆρον οὖν ὅτε θέλεις τὴν ὑπόληψιν καὶ ὥσπερ κάμψαντι τὴν ἄκραν γαλήνη, σταθερὰ πάντα καὶ κόλπος ἀκύμων.

[22]

  

La porta di Dite è sempre aperta Facilis descensus Averno

Facilis descensus Averno: noctes atque dies patet atri ianua Ditis; sed revocare gradum superasque evadere ad auras, hoc opus, hic labor

Virgilio Eneide, VI, 126-129

Scendere agli Inferi è facile: la porta di Dite è aperta notte e giorno; ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo qui sta il difficile, qui la vera fatica.

Angerona dea silente dalle molte interpretazioni

Divinità arciaca romana, ne fecero menzione molti autori con diverse interpretazioni

Angeronalia ab Angerona, cui sacrificium fit in curia Acculeia et cuius feriae publicae is dies


la festa degli Angeronalia prende il nome da Angerona, il cui sacrificio è compiuto nella curia Acculeia e di cui quel giorno è la festa ufficiale
Varrone, nel sesto libro del De lingua Latina

 Marco Verrio Flacco nei “Fasti Prenestini”:
– Festa pubblica. Divalia. Festa della Dea Angerona, che prese nome dal disagio della fastidiosa angina poichè ella un tempo rivelò un rimedio per essa.
Hanno posto la statua di lei con la bocca imbavagliata sull’altare di Volupia, per mettere in guardia la gente a non proferire il nome segreto della città. –


Il nome deriverebbe ab angeronando, ossia dal rivolgersi del sole; Angerona sarebbe stata quindi, una divinità dell’anno nuovo.


La sua festa infatti cadeva appunto nel giorno del solstizio d’inverno.
Festo (Epitome, p. 17) e Macrobio (Saturn., I, 10, 9)



“Nel XII giorno (delle calende di gennaio) vi è la festa della diva Angerona, a cui i pontefici fanno un sacrificio nel sacello di Volupia.

Per altri il nome deriverebbe dalla malattia detta angina; la divinità guariva i colpiti da quel morbo, che a lei come supplici si rivolgevano.


La sua immagine era rappresentata con la bocca chiusa, e si venerava sull’ara di Volupia.
In un testo frammentario dei celebri Fasti Prenestini, compilati dal grammatico Verrio Flacco, ai tempi dell’imperatore Augusto,
Angerona…. ore obligato in ara Volupiae.

Quest’ara si trovava sul lato occidentale del colle Palatino, presso la porta del recinto romuleo che guardava verso il Tevere. Ivi, dinnanzi al simulacro della dea che teneva chiusa la bocca con l’indice della mano destra, nel giorno della sua festa, 21 dicembre, i pontefici immolavano una vittima.


Sia Plinio che Solino, in un più ampio discorso che aveva come tema centrale l’evocatio, scelgono il simulacrum della Dea come simbolo del valore che il silenzio possedeva nella cultura romana, strumento privilegiato per proteggere Roma contro i nemici obligato atque signato, fu interpretata da alcuni autori antichi come dea che intimava il silenzio.

Entrambi inseriscono l’exemplum della raffigurazione della dea trattando lo stesso argomento: la città, per non incorrere nel pericolo di evocatio, rito pubblico romano che consisteva nell’evocare la divinità protettrice della città che si voleva conquistare promettendole asilo a Roma, ci raccontano i due autori, possedeva un secondo nome, tenuto segreto e protetto da un religioso silenzio;


 Non alienum videtur inserere hoc loco exemplum religionis antiquae ob hoc maxime silentium institutae. Namque diva Angerona, cui sacrificatur a. d. XII kal. Ian., ore obligato obsignatoque simulacrum habet,


«non mi sembra fuori luogo inserire a questo punto l’esempio di un antico rito religioso istituito proprio per esortare a tale silenzio: la dea Angerona infatti, la cui festa ricorre il 21 dicembre, ha una statua con la bocca chiusa e sigillata

O forse la dea simboleggia la difficoltà del passaggio del solstizio d’inverno, quando il sole, la coscienza, sembra sparire nelle tenebre, in senso iniziatico, il solstizio d’inverno equivale alla Piccola Morte, Morte iniziatica, quando il neofita perdeva le difese della mente esterna morendo al mondo, e prova un senso molto forte di angoscia e di smarrimento.

Τοῦ ἀνθρωπίνου βίου ὁ μὲν χρόνος στιγμή La durata della vita dell’uomo è solo un punto 

Τοῦ ἀνθρωπίνου βίου ὁ μὲν χρόνος στιγμή, ἡ δὲ οὐσία ῥέουσα, ἡ δὲ αἴσθησις ἀμυδρά, ἡ δὲ ὅλου τοῦ σώματος σύγκρισις εὔσηπτος, ἡ δὲ ψυχὴ ῥεμβός, ἡ ​​​​δὲ τύχη δυστέκμαρτον, ἡ δὲ φήμη ἄκριτον· συνελόντι δὲ εἰπεῖν, πάντα τὰ μὲν τοῦ σώματος ποταμός, τὰ Δὲ τῆς ψυχῆς ὄνειρος καὶ τῦφος, ὁ ὁ βίος πόλεμος καὶ ξέ esi ἐπιδημ δ ἡ ὲ ὑὑὲ ὑὑὲμία. Τί οὖν τὸ παραπέμψαι δυνάμενον; Ἓν καὶ μόνον φιλοσοφία· τοῦτο δὲ ἐν τῷ τηρεῖν τὸν ἔνδον δαίμονα ἀνύβριστον καὶ ἀσινῆ, ἡδονῶν καὶ πόνων κρείττονα, μηδὲν εἰκῇ ποιοῦντα μηδὲ διεψευσμένως καὶ μεθ ὑποκρίσεως, ἀνενδεῆ τοῦ ἄλλον ποιῆσαί τι ἢ μὴ ποιῆσαι· ἔτι δὲ τὰ συμβαίνοντα καὶ ἀπονεμόμενα δεχόμενον ὡς ἐκεῖθέν ποθεν ἐρχόμενα, ὅθεν αὐτὸς ἦλθεν· ἐπὶ πᾶσι δὲ τὸν θάνατον ἵλεῳ τῇ γνώμῃ περιμένοντα ὡς οὐδὲν ἄλλο ἢ λύσιν τῶν στοιχείων, ἐξ ὧν ἕκαστον ζῷον συγκρίνεται.

XVII
La durata della vita dell’uomo è solo un punto 
il suo essere è in un flusso perpetuo; 
le sue sensazioni sono solo oscurità. 
Il suo corpo, fatto di tanti elementi, è facile preda della corruzione; 
la sua anima è un uragano; 
il suo destino è un oscuro enigma; 
la sua gloria sciocchezze. 
In una parola, tutto ciò che riguarda il corpo è un fiume che scorre; 
tutto ciò che riguarda l’anima è solo sogno e vanità; 
la vita è una lotta e il viaggio di un estraneo; 
e l’unica fama che ci attende dopo di noi è l’oblio. 
Chi può guidarci in mezzo a tante insidie? 
C’è una sola guida, una sola, è la filosofia 

E la filosofia è far sì che il genio che è in noi 
[47] resta puro da ogni macchia e danno, più forte dei piaceri o delle pene, agendo in nessun modo con leggerezza, falsità o finzione, senza alcun bisogno di sapere cosa fa o non fa un altro, accettando eventi di ogni genere e il destino che gli capita, come un’emanazione dalla fonte da cui egli stesso proviene, e soprattutto, in attesa, in uno stato d’animo dolce e sereno, la morte, che prende per la semplice dissoluzione degli elementi di cui tutto l’essere è composto. 
Ora, se, per gli elementi stessi, non è affatto dannoso mutarsi perennemente l’uno nell’altro, perché guardare con un occhio fioco al mutamento e alla dissoluzione di tutte le cose? 
Questo cambiamento è conforme alle leggi della natura; 
e in quello che fa la natura, non c’è mai niente di sbagliato.

PENSIERI DI MARCO AURELIO

LIBRO II

Ante rem exerceas Esercitati prima!!! ᛏ ᚢ ᚠ

In ipsa securitate animus ad difficilia se praeparet et contra iniurias fortunae inter beneficia firmetur. Miles in media pace decurrit, sine ullo hoste vallum iacit, et supervacuo labore lassatur ut sufficere necessario possit; quem in ipsa re trepidare nolueris, ante rem exerceas. Hoc secuti sunt qui omnibus mensibus paupertatem imitati prope ad inopiam accesserunt, ne umquam expavescerent quod saepe didicissent.

Anche nei momenti di tranquillità l’animo si prepari ai tempi difficili e quando va tutto bene si rafforzi contro i colpi della sorte. Il soldato fa le esercitazioni in tempo di pace, costruisce trincee quando non ci sono nemici e si sottopone a fatiche inutili per essere in grado di sostenere quelle necessarie; se non vuoi che uno sia in preda al terrore al momento della prova, fallo esercitare prima. Hanno seguito questo metodo quegli uomini che, per un po’ ogni mese, vissero da poveri, quasi fino all’indigenza, così da non temere mai quello stato che avevano conosciuto frequentemente.

L. ANNAEI SENECAE EPISTULARUM MORALIUM AD LUCILIUM II

LETTERE A LUCILIO DI SENECA II
LIBER SECUNDUS – LIBRO SECONDO

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