Ὅταν ἀναγκασθῇς ὑπὸ τῶν περιεστηκότων οἱονεὶ διαταραχθῆναι, ταχέως ἐπάνιθι εἰς ἑαυτὸν καὶ μὴ ὑπὲρ τὰ ἀναγκαῖα ἐξίστασο τοῦ ῥυθμοῦ˙ ἔσῃ γὰρ ἐγκρατέστερος τῆς ἁρμονίας τῷ συνεχῶς εἰς αὐτὴν ἐπανέρχεσθαι. Quando sei come costretto dalle circostanze a turbarti, rientra subito in te stesso, e non uscir di misura più di quanto sia necessario, perchè tornando continuamente all’armonia ne diverrai sempre più padrone Marco Aurelio Τὰ εἰς ἑαυτόν Pensieri Meditazioni – Ricordi – A sé stesso libro VI, 11
Sub rosa dicta velata est

Τὰ εἰς ἑαυτόν Συγγραφέας Μάρκος Αυρήλιος II stralci Marco Aurelio
[II,2,1] Qualunque cosa mai io sia, è carne, pneuma, l’egemonico. [II,2,2] Tralascia i libri, non ambasciartene più: non ti è stato dato. Invece, come qualcuno ormai morente, giudicati pure superiore alla
tua carne: è sangue coagulato, ossa, un reticolo di nervi, di vene, di arterie. [II,2,3] Osserva anche cos’è
il tuo pneuma: aria in movimento, non sempre la stessa ma ogni momento espirata e poi di nuovo inspirata. [II,2,4] E terzo viene il tuo egemonico. Qui pensaci: sei vecchio; non permettergli più di essere
servo; non permettergli più di essere mosso come una marionetta da impulsi antisociali; non permettergli più di essere malcontento del destino presente o di rifiutare quello futuro
Ὅ τί ποτε τοῦτό εἰμι, σαρκία ἐστὶ καὶ πνευμάτιον καὶ τὸ ἡγεμονικόν. τῶν μὲν σαρκίων καταφρόνησον˙ λύθρος καὶ ὀστάρια καὶ κροκύφαντος, ἐκ νεύρων, φλεβίων, ἀρτηριῶν πλεγμάτιον. θέασαι δὲ καὶ τὸ πνεῦμα ὁποῖόν τί ἐστιν˙ ἄνεμος, οὐδὲ ἀεὶ τὸ αὐτό, ἀλλὰ πάσης ὥρας ἐξεμούμενον καὶ πάλιν ῥοφούμενον. τρίτον οὖν ἐστι τὸ ἡγεμονικόν. ἄφες τὰ βιβλία˙ μηκέτι σπῶ˙ οὐ δέδοται. ἀλλ ὡς ἤδη ἀποθνῄσκων ὧδε ἐπινοήθητι˙ γέρων εἶ˙ μηκέτι τοῦτο ἐάσῃς δουλεῦσαι, μηκέτι καθ ὁρμὴν ἀκοινώνητον νευροσπαστηθῆναι, μηκέτι τὸ εἱμαρμένον ἢ παρὸν δυσχερᾶναι ἢ μέλλον ὑπιδέσθαι.
[II,4,1] Ricorda da quanto tempo rimandi questi conti e quanto spesso, pur prendendo proroghe dagli
immortali, non le utilizzi. [II,4,2] Bisogna ormai che tu ti accorga una buona volta di quale cosmo sei
parte; a quale governante del cosmo sottostai quale emanazione; e che vi è per te un limite circoscritto
di tempo il quale, se non te ne servirai per darti aria pulita, disparirà e non vi sarà più un daccapo.
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[II,5,1] Ogni ora preoccupati seriamente, da Romano e da maschio, di effettuare ciò che hai per le mani
con precisa e non artefatta solennità, con affettuosità, libertà e giustezza; e di provvederti agio da qualunque altra rappresentazione. [II,5,2] E te lo provvederai se esegui ciascuna azione come se fosse
l’estrema della vita, essendoti allontanato da ogni avventatezza, da emotivo distoglimento dalla ragione
che opera la diairesi, da ipocrisia, malinteso egoismo e dispiacere per gli avvenimenti compartiti dalla
sorte. [II,5,3] Vedi quante poche sono le cose padroneggiando le quali si può vivere una vita serena e da
dio; giacché gli immortali non richiederanno nulla di più a chi custodisce questi giudizi.
[II,6,1] Oltraggia, oltraggia te stesso, o animo! Di renderti onore non avrai più occasione. Non è, infatti,
breve la vita concessa a ciascuno di noi? [II,6,2] E questa vita per te è ormai quasi conclusa; per te che
non hai avuto rispetto di te stesso ma hai posto negli animi di altri la tua buona sorte.
[II,7,1] Gli accidenti esteriori ti distraggono? Procurati agio di apprendere qualcosa di buono in più e
cessa di girovagare di qua e di là. [II,7,2] Ma bisogna anche stare in guardia dall’altra condotta: giacché
vaneggiano in pratica anche coloro i quali, stanchi della vita, non hanno uno scopo sul quale indirizzare
una volta per tutte ogni impulso e rappresentazione.
[II,8,1] Difficilmente si vede qualcuno infelice perchè non riesce a soppesare ciò che succede nell’animo
di un altro. È invece necessario che non conoscano felicità gli esseri che non hanno la comprensione
delle mosse del proprio animo.
[II,9,1]
Bisogna sempre ricordare questo: quale sia la natura del cosmo; quale sia la mia natura e in quale
relazione questa stia con quella; quale parte di quale cosmo essa sia; che nessuno può impedire di fare e
di dire sempre ciò che è conseguente con la natura della quale sei parteΤούτων ἀεὶ μεμνῆσθαι, τίς ἡ τῶν ὅλων φύσις καὶ τίς ἡ ἐμὴ καὶ πῶς αὕτη πρὸς ἐκείνην ἔχουσα καὶ ὁποῖόν τι μέρος ὁποίου τοῦ ὅλου οὖσα καὶ ὅτι οὐδεὶς ὁ κωλύων τὰ ἀκόλουθα τῇ φύσει, ἧς μέρος εἶ, πράσσειν τε ἀεὶ καὶ λέγειν.
- Μέμνησο ἐκ πόσου ταῦτα ἀναβάλλῃ καὶ ὁποσάκις προθεσμίας λαβὼν παρὰ τῶν θεῶν οὐ χρᾷ αὐταῖς. δεῖ δὲ ἤδη ποτὲ αἰσθέσθαι τίνος κόσμου μέρος εἶ καὶ τίνος διοικοῦντος τὸν κόσμον ἀπόῤῥοια ὑπέστης καὶ ὅτι ὅρος ἐστί σοι περιγεγραμμένος τοῦ χρόνου, ᾧ ἐὰν εἰς τὸ ἀπαιθριάσαι μὴ χρήσῃ, οἰχήσεται καὶ οἰχήσῃ καὶ αὖθις οὐκ ἐξέσται.
- Πάσης ὥρας φρόντιζε στιβαρῶς ὡς Ῥωμαῖος καὶ ἄῤῥην τὸ ἐν χερσὶ μετὰ τῆς ἀκριβοῦς .. καὶ ἀπλάστου σεμνότητος καὶ φιλοστοργίας καὶ ἐλευθερίας καὶ δικαιότητος πράσσειν καὶ σχολὴν ἑαυτῷ ἀπὸ πασῶν τῶν ἄλλων φαντασιῶν πορίζειν. ποριεῖς δέ, ἂν ὡς ἐσχάτην τοῦ βίου ἑκάστην πρᾶξιν ἐνεργῇς, ἀπηλλαγμένος πάσης εἰκαιότητος καὶ ἐμπαθοῦς ἀποστροφῆς ἀπὸ τοῦ αἱροῦντος λόγου καὶ ὑποκρίσεως καὶ φιλαυτίας καὶ δυσαρεστήσεως πρὸς τὰ συμμεμοιραμένα. ὁρᾷς πῶς ὀλίγα ἐστίν, ὧν κρατήσας τις δύναται εὔρουν καὶ θεουδῆ βιῶσαι βίον˙ καὶ γὰρ οἱ θεοὶ πλέον οὐδὲν ἀπαιτήσουσι παρὰ τοῦ ταῦτα φυλάσσοντος.
- Ὑβρίζεις, ὑβρίζεις ἑαυτήν, ὦ ψυχή˙ τοῦ δὲ τιμῆσαι σεαυτὴν οὐκέτι καιρὸν ἕξεις˙ ἀκαριαῖος ὁ βίος ἑκάστῳ, οὗτος δέ σοι σχεδὸν διήνυσται, μὴ αἰδουμένῃ σεαυτήν, ἀλλ ἐν ταῖς ἄλλων ψυχαῖς τιθεμένῃ τὴν σὴν εὐμοιρίαν.
- Περισπᾷ τί σε τὰ ἔξωθεν ἐμπίπτοντα; καὶ σχολὴν πάρεχε σεαυτῷ τοῦ προσμανθάνειν ἀγαθόν τι καὶ παῦσαι ῥεμβόμενος. ἤδη δὲ καὶ τὴν ἑτέραν περιφορὰν φυλακτέον˙ ληροῦσι γὰρ καὶ διὰ πράξεων οἱ κεκμηκότες τῷ βίῳ καὶ μὴ ἔχοντες σκοπόν, ἐφ ὃν πᾶσαν ὁρμὴν καὶ καθάπαξ φαντασίαν ἀπευθύνουσιν.
- Παρὰ μὲν τὸ μὴ ἐφιστάνειν, τί ἐν τῇ ἄλλου ψυχῇ γίνεται, οὐ ῥᾳδίως τις ὤφθη κακοδαιμονῶν˙ τοὺς δὲ τοῖς τῆς ἰδίας ψυχῆς κινήμασι μὴ παρακολουθοῦντας ἀνάγκη κακοδαιμονεῖν.
- Τούτων ἀεὶ μεμνῆσθαι, τίς ἡ τῶν ὅλων φύσις καὶ τίς ἡ ἐμὴ καὶ πῶς αὕτη πρὸς ἐκείνην ἔχουσα καὶ ὁποῖόν τι μέρος ὁποίου τοῦ ὅλου οὖσα καὶ ὅτι οὐδεὶς ὁ κωλύων τὰ ἀκόλουθα τῇ φύσει, ἧς μέρος εἶ, πράσσειν τε ἀεὶ καὶ λέγειν.
- Περισπᾷ τί σε τὰ ἔξωθεν ἐμπίπτοντα; καὶ σχολὴν πάρεχε σεαυτῷ τοῦ προσμανθάνειν ἀγαθόν τι καὶ παῦσαι ῥεμβόμενος. ἤδη δὲ καὶ τὴν ἑτέραν περιφορὰν φυλακτέον˙ ληροῦσι γὰρ καὶ διὰ πράξεων οἱ κεκμηκότες τῷ βίῳ καὶ μὴ ἔχοντες σκοπόν, ἐφ ὃν πᾶσαν ὁρμὴν καὶ καθάπαξ φαντασίαν ἀπευθύνουσιν.
- Παρὰ μὲν τὸ μὴ ἐφιστάνειν, τί ἐν τῇ ἄλλου ψυχῇ γίνεται, οὐ ῥᾳδίως τις ὤφθη κακοδαιμονῶν˙ τοὺς δὲ τοῖς τῆς ἰδίας ψυχῆς κινήμασι μὴ παρακολουθοῦντας ἀνάγκη κακοδαιμονεῖν.
Socrate estatico e silente medita eretto…Tempra marziale
οἷον δ᾽ αὖ τόδ᾽ ἔρεξε καὶ ἔτλη καρτερὸς ἀνὴρ ἐκεῖ ποτε ἐπὶ στρατιᾶς, ἄξιον ἀκοῦσαι. Συννοήσας γὰρ αὐτόθι ἕωθέν τι εἱστήκει σκοπῶν, καὶ ἐπειδὴ οὐ προυχώρει αὐτῷ, οὐκ ἀνίει ἀλλὰ εἱστήκει ζητῶν. Καὶ ἤδη ἦν μεσημβρία, καὶ ἅνθρωποι ᾐσθάνοντο, καὶ θαυμάζοντες ἄλλος ἄλλῳ ἔλεγεν ὅτι Σωκράτης ἐξ ἑωθινοῦ φροντίζων τι ἕστηκε. Τελευτῶντες δέ τινες τῶν Ἰώνων, ἐπειδὴ ἑσπέρα ἦν, δειπνήσαντες — καὶ [220d] γὰρ θέρος τότε γ᾽ ἦν — χαμεύνια ἐξενεγκάμενοι ἅμα μὲν ἐν τῷ ψύχει καθηῦδον, ἅμα δ᾽ ἐφύλαττον αὐτὸν εἰ καὶ τὴν νύκτα ἑστήξοι. Ὁ δὲ εἱστήκει μέχρι ἕως ἐγένετο καὶ ἥλιος ἀνέσχεν· ἔπειτα ᾤχετ᾽ ἀπιὼν προσευξάμενος τῷ ἡλίῳ.
Πλάτω in Συμποσίον
Pl. Symp. 220
Alcibiade, narra come testimone, dell’eccezionale straordinaria capacità di concentrazione meditativa di Socrate , durante una campagna militare
Una tale intensa concentrazione da perdere del tutto il contatto con il mondo esterno, oltre lo spazio e il tempo, immergendosi in uno stato corporeo d’immobilità così prolungata, richiama alle pratiche tradizionali mistico-iniziatiche d’oriente, come lo yoga o le pratiche meditative dell’antica Cina.
一種武術或氣功的鍛煉方法。身體站立, 四肢保持一定姿勢, 借助呼吸的引導, 以加強臟腑、氣血、筋骨的功能。練功時思想集中, 呼吸自然, 站立不動, 上虛下實, 有如樹樁, 故名。
Un metodo d’esercizio del wushu e del qigong. Il corpo è eretto, le quattro membra conservano una specifica posizione, traendo sostegno dal respiro, al fine di rafforzare la funzionalità degli organi interni, della circolazione del sangue e del qi, 氣dei muscoli e delle ossa.
(confer Meditazione in piedi Qi gong/kiko 氣功 meditazione in piedi 立禅Ritzu zen 站桩 Zhan zhuang )
Ecco anche cosa ha fatto e sostenuto quest’uomo coraggioso durante questa stessa spedizione; vale la pena ascoltarlo. Socrate tutto assorto in qualche idea ‘era piantato ritto là, fermo dall’alba, meditando; e poiché non ne veniva a capo continuava, ritto in piedi, la sua ricerca: E già era mezzogiorno e alcuni uomini se n’erano accorti e meravigliati dicevano l’un l’altro: ‘Socrate se ne sta lì impalato dall’alba, immerso in qualche pensiero’. Alla fine alcuni Ioni, scesa la era, dopo aver cenato – poiché allora era estate- portarono fuori i giacigli e si misero a riposare all’aperto e nello steso tempo a controllare se stesse piantato là tutta la notte.
Egli vi stette finché fu l’alba e si levò il sole.
Allora si mosse e se ne andò dopo aver fatto la sua preghiera al sole”
Anche all’inizio del medesimo dialogo, mentre gli invitati arrivano in casa di Agatone, Socrate si raccoglie in meditazione nel vestibolo:
“ Se ne sta lì ritto; lo chiamo e non vuole entrare…
Questa è la sua abitudine: talvolta si ritira dove gli capita e sta lì ritto” (175 ab).
(Symp. 220c).
καὶ ἓ μὲν ἔφη ἀπονίζειν τὸν παῖδα ἵνα κατακέοιτο· ἄλλον δέ τινα τῶν παίδων ἥκειν ἀγγέλλοντα ὅτι “Σωκράτης οὗτος ἀναχωρήσας ἐν τῷ τῶν γειτόνων προθύρῳ ἕστηκεν, κἀμοῦ καλοῦντος οὐκ ἐθέλει εἰσιέναι.”
ἄτοπόν γ’, ἔφη, λέγεις· οὔκουν καλεῖς αὐτὸν καὶ μὴ ἀφήσεις;
175bκαὶ ὃς ἔφη εἰπεῖν μηδαμῶς, ἀλλ’ ἐᾶτε αὐτόν. ἔθος γάρ τι τοῦτ’ ἔχει· ἐνίοτε ἀποστὰς ὅποι ἂν τύχῃ ἕστηκεν. ἥξει δ’ αὐτίκα, ὡς ἐγὼ οἶμαι. μὴ οὖν κινεῖτε, ἀλλ’ ἐᾶτε.
Pl. Symp. 175
Così l’inserviente lo lavò e lo preparò per sdraiarsi, quando un altro dei servi entrò con la notizia che il nostro buon Socrate si era ritirato nel portico dei loro vicini; era lì in piedi, e quando gli fu ordinato di entrare, rifiutò.
“Che strano!” disse Agathon, “devi continuare a dirglielo, e non lasciarlo andare”. 175b
Ma questo Aristodemo vietava: “No”, disse, “lascialo stare; è un’abitudine che ha,talvolta si ritira dove gli capita e sta lì ritto , dovunque, ed eccolo lì. Tra poco sarà qui, immagino. Quindi non disturbarlo; lascialo stare. “
Tempra marziale di Socrate
La scena è l’assedio di Potidea (432-430/29). Agli assedi –con il loro estendersi alla stagione invernale – erano legate condizioni
climatiche particolarmente dure, e alla sofferenza (µόχθος, πόνος) dei
combattenti che le hanno subite sotto le mura di Troia fa eloquente
riferimento Eschilo nell’Agamennone (555-567).
Socrate è superiore nei πόνοι al più giovane Alcibiade e a ogni altro combattente, è capace di καρτερεῖν nel mangiare e nel bere, sopportando la mancanza di cibo, e in grado d’astenersi dal vino o di non cadere nell’ubriachezza se costretto ad assumerne; capace, in particolare, di mirabili prove di resistenza al freddo particolare della Grecia del Nord (τὰς τοῦ χειµῶνος καρτερήσεις, δεινοὶ γὰρ αὐτόθι χειµῶνες), di affrontare il gelo sommariamente coperto del suo solito ἱµάτιον e muoversi a piedi scalzi meglio di tutti gli altri, che erano calzati, e coperti con cura
(Smp. 219d-220b).
Confer Massimo Nafissi, Freddo, caldo e uomini veri.
L’educazione dei giovani spartani e il De aeribus aquis locis

Ταῦτά τε γάρ μοι ἅπαντα προυγεγόνει, καὶ μετὰ ταῦτα στρατεία ἡμῖν εἰς Ποτείδαιαν ἐγένετο κοινὴ καὶ συνεσιτοῦμεν ἐκεῖ. πρῶτον μὲν οὖν τοῖς πόνοις οὐ μόνον ἐμοῦ περιῆν, ἀλλὰ καὶ τῶν ἄλλων ἁπάντων —ὁπότ᾽ ἀναγκασθεῖμεν ἀποληφθέντες που, οἷα δὴ ἐπὶ στρατείας , [220a] ἀσιτεῖν, οὐδὲν ἦσαν οἱ ἄλλοι πρὸς τὸ καρτερεῖν— ἔν τ᾽ αὖ ταῖς εὐωχίαις μόνος ἀπολαύειν οἷός τ᾽ ἦν τά τ᾽ ἄλλα καὶ πίνειν οὐκ ἐθέλων, ὁπότε ἀναγκασθείη, πάντας ἐκράτει, καὶ ὃ πάντων θαυμαστότατον, Σωκράτη μεθύοντα οὐδεὶς πώποτε ἑώρακεν ἀνθρώπων. τούτου μὲν οὖν μοι δοκεῖ καὶ αὐτίκα ὁ ἔλεγχος ἔσεσθαι. πρὸς δὲ αὖ τὰς τοῦ χειμῶνος καρτερήσεις —δεινοὶ γὰρ αὐτόθι χειμῶνες— θαυμάσια ἠργάζετο τά τε [220b] ἄλλα, καί ποτε ὄντος πάγου οἵου δεινοτάτου, καὶ πάντων ἢ οὐκ ἐξιόντων ἔνδοθεν, ἢ εἴ τις ἐξίοι, ἠμφιεσμένων τε θαυμαστὰ δὴ ὅσα καὶ ὑποδεδεμένων καὶ ἐνειλιγμένων τοὺς πόδας εἰς πίλους καὶ ἀρνακίδας, οὗτος δ᾽ ἐν τούτοις ἐξῄει ἔχων ἱμάτιον μὲν τοιοῦτον οἷόνπερ καὶ πρότερον εἰώθει φορεῖν, ἀνυπόδητος δὲ διὰ τοῦ κρυστάλλου ῥᾷον ἐπορεύετο ἢ οἱ ἄλλοι ὑποδεδεμένοι, οἱ δὲ στρατιῶται ὑπέβλεπον [220c] αὐτὸν ὡς καταφρονοῦντα σφῶν. καὶ ταῦτα μὲν δὴ ταῦτα·
Di quale Universo sei parte?Marco Aurelio
Μέμνησο ἐκ πόσου ταῦτα ἀναβάλλῃ καὶ ὁποσάκις προθεσμίας λαβὼν παρὰ τῶν θεῶν οὐ χρᾷ αὐταῖς. δεῖ δὲ ἤδη ποτὲ αἰσθέσθαι τίνος κόσμου μέρος εἶ καὶ τίνος διοικοῦντος τὸν κόσμον ἀπόῤῥοια ὑπέστης καὶ ὅτι ὅρος ἐστί σοι περιγεγραμμένος τοῦ χρόνου, ᾧ ἐὰν εἰς τὸ ἀπαιθριάσαι μὴ χρήσῃ, οἰχήσεται καὶ οἰχήσῃ καὶ αὖθις οὐκ ἐξέσται
Ricordati quanto tempo hai sprecato rinviando continuamente la realizzazione di ciò che ti eri proposto di fare e quante volte non hai approfittato delle nuove possibilità che ti concedevano gli dèi.
È ora che tu comprenda, finalmente, di quale Universo sei parte, di quale essere che governa il mondo sei una emanazione; che hai un limite di tempo prestabilito che svanirà, se non lo avrai utilizzato per conquistarti la serenità, che anche tu svanirai, e senza alcuna possibilità di ritorno.
Πάσης ὥρας φρόντιζε στιβαρῶς ὡς Ῥωμαῖος καὶ ἄῤῥην τὸ ἐν χερσὶ μετὰ τῆς ἀκριβοῦς .. καὶ ἀπλάστου σεμνότητος καὶ φιλοστοργίας καὶ ἐλευθερίας καὶ δικαιότητος πράσσειν καὶ σχολὴν ἑαυτῷ ἀπὸ πασῶν τῶν ἄλλων φαντασιῶν πορίζειν. ποριεῖς δέ, ἂν ὡς ἐσχάτην τοῦ βίου ἑκάστην πρᾶξιν ἐνεργῇς, ἀπηλλαγμένος πάσης εἰκαιότητος καὶ ἐμπαθοῦς ἀποστροφῆς ἀπὸ τοῦ αἱροῦντος λόγου καὶ ὑποκρίσεως καὶ φιλαυτίας καὶ δυσαρεστήσεως πρὸς τὰ συμμεμοιραμένα. ὁρᾷς πῶς ὀλίγα ἐστίν, ὧν κρατήσας τις δύναται εὔρουν καὶ θεουδῆ βιῶσαι βίον˙ καὶ γὰρ οἱ θεοὶ πλέον οὐδὲν ἀπαιτήσουσι παρὰ τοῦ ταῦτα φυλάσσοντος.
Τὰ εἰς ἑαυτόνΣυγγραφέας: Μάρκος Αυρήλιος libro II, 5
Abbi cura di compiere ogni istante con fermezza, da Romano e vero uomo , ciò che stai facendo, con serietà scrupolosa priva di ostentazione , con amore( diligenza) , con libertà, con giustizia, e cerca di affrancarti da ogni altro pensiero.
Te ne affrancherai se compirai ogni singola azione come fosse l’ultima della tua vita, lontano da ogni superficialità e da ogni
avversione passionale alle scelte della ragione e da ogni finzione, egoismo e malcontento per la tua sorte.
Vedi come sono poche le condizioni che uno deve assicurarsi per poter vivere una vita che scorra agevolmente e nel rispetto degli dèi: perché gli dèi non chiederanno nulla di più a chi osserva queste condizioni
Sogno orphico

CONFER Colli La Sapienza Greca 1 Dioniso Apollo Eleusi Orfeo
τοῖς ἐγρηγορόσιν ἕνα καὶ κοινὸν κόσμον εἶναι, τῶν δὲ κοιμωμένων ἕκαστον εἰς ἴδιον ἀποστρέφεσθαι (Eraclito, fr. 89)
Filosofando ermeticamente in azione contemplativa dinamica catartica marziale….
τοῖς ἐγρηγορόσιν ἕνα καὶ κοινὸν κόσμον εἶναι, (τῶν δὲ κοιμωμένων ἕκαστον εἰς ἴδιον ἀποστρέφεσθαι)
(Eraclito, fr. 89)
”Avere i desti un solo cosmo comune, ma ognuno dei dormienti volgersi in un suo proprio mondo »
Eraclito vate oscuro i dormienti ed i desti…
διὸ δεῖ ἕπεσθαι τῷ ξυνῷ, τουτέστι τῷ κοινῷ• ξυνὸς γὰρ ὁ κοινός. τοῦ λόγου δ᾽ ἐόντος ξυνοῦ ζώουσιν οἱ πολλοὶ ὡς ἱδίαν ἔχοντες φρόνησιν »
(Eraclito, fr. 2)
« Bisogna perciò seguire il comune. Pur essendo comune il Logo, i molti vivono avendo quasi loro propria saggezza
τοῖς ἐγρηγορόσιν ἕνα καὶ κοινὸν κόσμον εἶναι, (τῶν δὲ κοιμωμένων ἕκαστον εἰς ἴδιον ἀποστρέφεσθαι) »
(Eraclito, fr. 89)”Avere i desti un solo cosmo comune, ma ognuno dei dormienti volgersi in un suo proprio mondo »
ἁρμονίη ἀφανὴς φανερῆς κρείσσων ..L’armonia invisibile è superiore all’armonia visibile Eraclito
ἁρμονίη ἀφανὴς φανερῆς κρείσσων »
(Eraclito, fr. 54)L’armonia invisibile è superiore all’armonia visibile
μολὼν λαβέ Molòn labé
Secondo lo storico Plutarco re di Sparta Leonida I la pronunciò in risposta alla richiesta di consegnare le armi avanzata dal re persiano Serse durante la battaglia delle Termopili.
πάλινδὲ τοῦ Ξέρξου γράψαντος, ‘πέμψον τὰ ὅπλα,’ ἀντέγραψε, ‘μολὼν λαβέ.’
Quando Serse ha scritto di nuovo,” Consegnate le armi “, ha risposto:
” Vieni a prenderle!”
Plutarco cita la frase nel suo Apophthegmata Laconica (“Detti degli Spartani”). Lo scambio tra Leonida e Serse avviene per iscritto, alla vigilia della battaglia delle Termopili (480 a.C.)