«preindoeuropeo, o di sostrato mediterraneo, è anche il nome del monumento: nuraghe, detto pure altrimenti, a seconda dei distretti e dialetti della Sardegna, nuràke, nuràxi, nuràcci, nuràgi, naràcu ..

Questo termine, specie nel secolo XIX, fu messo in relazione con la radice fenicia di nur, che vuol dire fuoco, e fu spiegato come fuoco nel senso di dimora o di tempio del fuoco, con riferimento a culti solari che si sarebbero praticati sulla terrazza delle torri nuragiche.
Attualmente vi sono nuove ipotesi i filologi propendono a considerare il vocabolo nuraghe come un reliquato della parlata primitiva paleomediterranea, da ricollegarsi col radicale nur e con le varianti nor, nul, nol, nar etc.: radicale largamente diffuso nei paesi del Mediterraneo, dall’Anatolia all’Africa, alle Baleari, alla Penisola iberica, alla Francia, col duplice significato, opposto ma unitario, di mucchio e di cavità.
Il vocabolo stesso poi indicherebbe non la destinazione ma la speciale forma costruttiva del nuraghe, il quale vorrebbe dire appunto mucchio cavo, costruzione cava, torre cava, a causa della figura turrita del suo esterno, fatta per accumulo di grossi massi, e per la cavità cupoliforme dell’interno…»
(Giovanni Lilliu, I Nuraghi. Torri preistoriche della Sardegna, Ilisso, 2005, pag. 57.)
Secondo l’archeologo Giovanni Ugas dell’Università di Cagliari, la parola nuraghe potrebbe derivare invece da Norax o Norace, eroe degli Iberi-Balari.
È possibile infatti che la radice Nur– sia un adattamento ai timbri mediterranei della radice indoeuropea Nor- che si ritrova in alcuni toponimi della Sardegna (es. Nora, Noragugume), nel Lazio con Norba città dei Volsci o Noreia antica città del Norico
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