Il simbolo dei Dioscuri: il Dokana, un “π”, rappresentato a modo di tripode stilizzato, con due serpenti laterali.
I DiòscuriΔιόσκουροι, Dióskouroi – in latino Dioscuri CàstoreΚάστωρ, -ορος – Kástōr, in latino Castōr, -ŏris e Pollùce o PolideuceΠολυδεύκης, -ους – Polydéukēs, in latino Pollūx, -ūcis, sono due personaggi della mitologia greca, etrusca e romana, avevano entrambi una propria specificità: Castore era domatore di cavalli e Polluce era ottimo nel pugilato
Δόκανα
”Una struttura in legno composta da due pali paralleli eretti e collegati da una o due travi trasversali, costruita nei luoghi di culto e alle spalle degli altari. M. Nilsson, ad esempio, suggeriva che potesse derivare da un originario culto degli alberi, perpetuando in forme simboliche modi di venerazione ancestrale
Altri, invece, partendo da alcune indicazioni delle fonti, vi hanno ravvisato una porta rituale, la costruzione di un infisso privo di battenti che poteva rappresentare in maniera ideale il passaggio tra mondo reale e inferio lo schienale di un trono, del tipo di quelli allestiti per le divinità, troni-altare’attestati nella cultura funeraria dell’Etruria meridionale,potrebbe essere una porta destinata allo svolgimento di riti di passaggio e riprende una vecchia proposta che li collega al tigillum sororium di Roma, sottolineando quindi il carattere iniziatico del culto.” In chiave simbolica, come immagine astratta della philadelpheia tra i due gemelli,dell’amore fraterno espresso dal collegamento indissolubile tra i due montanti.
Dioscuri
Plutarco afferma esplicitamente, infatti, di riportare una convinzione degli Spartani, non una sua opinione: ”Gli Spartani chiamano dokana le antiche immagini dei Dioscuri; consistono in due legni paralleli congiunti da due traverse”
Presso Sparta i Dioscuri sono strettamente associati alla doppia regalità che caratterizza la monarchia spartana
«Quando infine l’esercito era schierato al cospetto dei nemici, il re sgozzava una capra, invitava tutti a incoronarsi di fiori e ordinava ai flautisti di suonare l’inno a Castore; e senz’altro egli stesso intonava una marcia»
Questa canzone di guerra, nota come Kastòreion, «il ritmo di marcia che gli Spartani suonano in battaglia» ed era collegato ad una danza ritmata.
Si narra che i gemelli divini avessero insegnato agli Spartani a ‘danzare la cariatide’karyatìzein e di seguito riporta una descrizione della pratica svolta dagli efebi nella loro agogè ἀγωγή
(era un rigoroso regime di educazione e addestramento basato su disciplina e obbedienza cui era sottoposto ogni cittadino spartano, comprese le due dinastie reali (Agiadi ed Euripontidi), fin dall’età di 7 anni. Comprendeva la separazione dalla famiglia, la coltivazione della lealtà di gruppo, l’allenamento alla guerra e alla pratica militare, caccia, danza e preparazione per la società e per l’attività civile.)
Giovani spartani che si esercitano (o “L’educazione degli spartiati”), di Edgar Degas. Londra, National Gallery.
«Puoi ancora vedere i loro efebi imparare a danzare non meno che a combattere: quando smettono di lottare con le mani, di colpire ed essere a loro volta colpiti, la loro lotta si conclude con una danza. Un flautista sta seduto in mezzo a loro, accompagnandoli con la musica e battendo il ritmo con i piedi, mentre essi, in fila uno dietro l’altro, camminano seguendo il ritmo e fanno gesti di ogni genere, ora guerreschi, ora corali, graditi a Dioniso e ad Afrodite».
Questo indirizzo di ricerca, da approfondire anche in considerazione della complessità rituale e delle figure divine coinvolte, sembra suggerire la possibilità che i due gemelli divini possano anche aver avuto competenze di culto distinguibili e che la differenza tra Castore, militare e cavaliere, e Polluce, efebo e atleta, corrisponda a due aspetti complementari all’ interno dei ruoli sociali primari della comunità maschile spartana.
Non a caso il mito dei due gemelli divini ha costituito anche un paradigma esemplare dal punto di vista educativo e morale:
infatti non bisogna sottovalutare neanche la lettura di Plutarco del culto dei dokana dal momento che il modello di philadelpheia Φιλαδέλφεια (da φιλέωphiléō “amare” e ἀδελφός adelphós “fratello”) spinto sino
all’accettazione della morte costituisce un valore importante nel costume militare arcaico, che puntava proprio sulla costruzione di un forte rapporto di reciprocità tra gli Spartiati, importante soprattutto nella conduzione della guerra.
Confer
Enzo Lippolis, Rituali di guerra: i Dioscuri a Sparta e a Taranto
Per la tradizione romana, il Tigillum Sororum (trave della sorella) era un trave di legno, posto tra due pali, sotto il quale fu fatto passare l’Orazio supersiste come rito di espiazione (passare sotto il giogo) per aver ucciso la sorella Camilla. Di fatto, si tratterebbe del primo Arco costruito a Roma. L’arco sarebbe stato posto vicino agli altari di Giunone Sororia e di Giano Curiazio
Sotto questo arco ligneo passavano i soldati romani ogni 1º ottobre, quindi al termine della stagione della guerra, come atto di purificazione
Divinità Femminile minore della mitologia greca, personificazione del grido di battaglia degli opliti. Figlia di Polemos, Alalà accompagnava in battaglia il dio della guerra Ares: secondo le tradizioni degli Antichi, il grido di battaglia del Dio greco consisteva infatti nel suo nome “Alale alala”, si suppone che l’utilizzo di questa parola sia derivato per onomatopea dall’inquietante gracchiare emesso dai corvi che, all’epoca, sorvolavano a migliaia i campi di battaglia, per cibarsi dei cadaveri insepolti
“Harken! O Alala , figlia di Polemos ! Preludio di lance! A cui i soldati vengono sacrificati per amore della loro città nel santo sacrificio della morte “
Ares, dio Greco della Guerra. Poi rinominato Marte dagli Antichi Romani.
Gli spiriti Homados, Alala, Proioxis Palioxis Ioke , Alke e Kydoimos erano probabilmente annoverati tra i Makhai.
“Ma aborrendo Eris nuda dolorosa Ponos , Lethe , e Limos , e l’Algea , pieni di pianto, l’Hysminai e il Makhai , il Phonoi e l’Androktasiai , il Neikea , lo Pseudo-Logoi , l’Amphilogiai e Dysnomia e Ate , che condividono la natura dell’altro, e Horkos ”
Esiodo, Teogonia 226 segg. (epica greca C8 o C7 a.C.)
Ἄρης, Ares ( Mars Marte nella religione e cultura romana), figlio di Zeus ed Era, dio della guerra. Fratellastro della dea Atena, entrambi sono dei della guerra, Ares predilige della guerra gli aspetti più sanguinari e violenti, Atena è dea della guerra intesa come strategia e scaltrezza,sorella di Ares è Eris, dea della discordia.
Marte nel culto dell’antica Roma assume tratti più temperati e virtuosi (MOS MAIORUM )
Ares nasce in Tracia da Zeus ed Era. In Tracia Ares fugge una volta che viene scoperto da Efesto insieme alla moglie di quest’ultimo, Afrodite.
Secondo alcuni mitografi, Ares viveva in un tempio protetto dalle Amazzoni, e andava in battaglia indossando un’armatura di bronzo ed impugnando una lancia.
Spesso in battaglia era accompagnato da temibili presenze, il demone del frastuono e lo spirito della battaglia e dell’omicidio.
Altri dei suoi compagni di lotta erano , Deimos Δεῖμος, o anche Demo o Dimo la divinizzazione del terrore che suscita la guerra, la Paura, Fobos, e la Discordia Eris (o Epis); talvolta erano anche presenti Polemos Πόλεμος ed anche sua figlia Alalà, personificazione dell’urlo di battaglia.
I MAKHAI (Machae) Μαχη Μαχαι erano gli spiriti personificati ( demoni ) della battaglia e del combattimento.
Le Hysminai ( ὑσμῖναι; singolare: hysmine ὑσμίνη) Discendenti di Eris, Ἔρις, «conflitto, lite, contesa sono personificazioni della battaglia.
Palioxis Παλίωξις era il simbolo della ritirata in battaglia
Proioxis Προΐωξις era la personificazione dell’impeto in battaglia
Cidoimo Κυδοιμός del frastuono della battaglia, della confusione, del trambusto e del tumulto.
Tra i suoi compagni/e di avventura vi era Κῆρα la Morte violenta nata da Nyx (Nύξ, la Notte) per partenogenesi, poi, al verso 217 è menzionata in plurale, le Keres (Κῆρας), sempre figlie di Nyx, da intendersi come inviate del Destino. Queste ultime a volte sono identificate con le Moire.
«La Notte a luce die’ l’odïoso Destino la Parca
negra la Morte il Sonno fu madre alla stirpe dei Sogni
(né con alcuno giacque per dar loro vita l’Ombrosa).
Poi Momo partorí la sempre dogliosa Miseria
l’Espèridi che cura di là dall’immenso Oceàno
hanno degli aurei pomi degli alberi gravi di frutti
e le dogliose Moire che infliggono crudi tormenti.»
(Teogonia, versi 212-222)
Nell’Iliade viene raffigurata, assieme a Eris (Ἔρις, la Discordia) e a Cidoimo (Κυδοιμὸς, il Tumulto) nel campo di battaglia, con un lungo mantello macchiato dal sangue degli uomini uccisi che da lei stessa venivano portati al cancello dell’oltretomba.
«Scorrea nel mezzo Eris, e seco
era il Kydoimos e la terribil Ker
Che un vivo già ferito e un altro illeso
Artiglia colla dritta, e un morto afferra
Ne’ piè coll’altra, e per la strage il tira.
Manto di sangue tutto sozzo e rotto
Le ricopre le spalle: i combattenti
Parean vivi, e traean de’ loro uccisi
I cadaveri in salvo alternamente.»
Eschilo, nella sua tragedia Ψυχοστασία (La pesatura delle vite) descrive la battaglia tra Achille e Memnone, in cui immediatamente prima Zeus ne pesa le Κῆρας (Kères), intese qui quali fati, geni della morte, o appunto, le vite dei guerrieri
In quest’ultima identificazione, come le anime dei morti, è ripresa talvolta nella tradizione popolare, nelle quali necessitano di sacrifici per essere placate.
Kerostasia – La decisione della sorte della battaglia tra Achille e Memnone. Schizzo da urna cineraria, sud Italia, 330 a.C. Rijksmuseum, Amsterdam
« εἰπούσης γάρ τινος, ὡς ἔοικε, ξένης πρὸς αὐτὴν ὡς ‘μόναι τῶν ἀνδρῶν ἄρχετε ὑμεῖς αἱ Λάκαιναι,’ ‘μόναι γάρ,’ ἔφη, ‘τίκτομεν ἄνδρας.’ » « Un giorno una tale, presumibilmente una forestiera, le disse: “ Solo a Sparta le donne comandano gli uomini”, e Gorgo rispose: “Sì, ma solo le donne di Sparta generano veri uomini”. » Plutarco, Vita di Licurgo, 14, 4
Nessuna città greca dell’antica Grecia le donne godevano della stessa libertà e dello stesso status sociale come a Sparta, Solo a Sparta le donne avevano il potere e l’influenza finanziaria.
Le ragazze erano impegnate nell’addestramento fisico e ricevevano un’istruzione pubblica in contrasto con altre città, dove la maggior parte delle donne era completamente analfabeta.
I visitatori di altre città greche erano stupefatti poichè le spartane, che non solo avevano opinioni che non avevano paura di esprimere pubblicamente, ma in alcuni casi costringevano i loro mariti ad accettarle
Platone in Protagora (342 d) A Sparta ” Non erano solo gli uomini ma anche le donne a essere orgogliosi della loro coltivazione spirituale “. Non si trattava solo di educazione … era una formazione sistematica nel pensiero retorico e filosofico.
Quando le ragazze hanno raggiunto la maturità sessuale, non hanno fretta di sposarsi, a differenza delle ragazze del resto del mondo antico che hanno sofferto psicologicamente e fisicamente, soffrendo di sesso prematuro e spesso morendo. Al contrario, le leggi spartane affermavano esplicitamente che le ragazze dovevano sposarsi solo se fossero in età avanzata per ” godersi l’amore “.
Inoltre, le ragazze di Sparta non sposavano uomini molto più anziani, una pratica comune in altre città greche. Si stima che la maggior parte delle donne spartane avesse solo quattro o cinque anni meno dei loro mariti. E l’interesse di Sparta a dare alla luce bambini sani non nega la protezione delle ragazze dal matrimonio. Tutti i matrimoni nell’antica Grecia erano finalizzati alla gravidanza, ma in altre città gli uomini erano disposti ad accettare i tassi di mortalità inevitabilmente più alti dal sesso con le ragazze. L’eccezionale sistema sociale di Sparta, completamente incentrato sulla formazione militare, offriva alle loro donne un livello di libertà e di responsabilità non comune nel mondo classico: come generatrici di bambini, erano vitali per rifornire le file di un esercito che subiva quasi continuamente perdite. Con tanti uomini costantemente in guerra, esse erano cruciali per il funzionamento delle famiglie e della comunità in generale. Le donne di Sparta erano considerate Spartiati, cioè cittadine a pieno titolo. Erano esenti dal lavoro manuale, potevano possedere la terra, accumulare ricchezza e avevano diritto a un’istruzione.
Gli abiti delle donne spartane erano notoriamente succinti per la loro epoca, permettendo loro di scoprirsi anche le cosce. Questo era ritenuto accettabile in quanto le donne, come gli uomini, avrebbero dovuto essere modelli di forma fisica. Gli Spartani credevano che più forte fosse la madre, più forte era il figlio.
Una famosa citazione di una donna spartana, riportata da Plutarco, è che alla partenza per una battaglia le madri avrebbero detto ai loro figli di tornare “con i loro scudi, o sopra di esso”. O con lo scudo in mano e trionfante, o trasportato sopra lo scudo, morto.
Plutarco scrive anche di donne spartane che uccidevano i loro figli qualora si fossero dimostrati codardi, o che celebravano i loro morti se questi cadevano sul campo di battaglia. L’ethos di Sparta era chiaramente radicato nella mente delle donne.
Ἄλλη προσαναδιδοῦσα τῷ παιδὶ τὴν ἀσπίδα καὶ παρακελευομένη, “τέκνον,” ἔφη, “ἢ τὰν ἢ ἐπὶ τᾶς”; cioè, come dovresti facilmente tradurre da solo: “un’altra, consegnando al figlio lo scudo ed esortandolo, disse:
Moralia 241,16, “Detti degli Spartani”, Άποφθέγματα Λακωνικά, e precisamente alla sezione “Detti delle donne spartane”
ἢ τὰν ἢ ἐπὶ τᾶς.
‘Figlio, o con questo o su questo”
C’era un solo modo per cui uno Spartano poteva avere il suo nome inciso nella sua lapide, ed era morire in battaglia.
L’equivalente per una donna era invece di morire adempiendo al suo dovere divino per Sparta: partorire.
“strani” rituali e regole – una delle quali era che tutte le relazioni tra mariti e mogli dovevano essere condotte in segreto. L’idea era che, dal momento che il contatto sarebbe stato limitato, in questo modo i desideri sessuali si sarebbero intensificati e la “potenza” sarebbe aumentata, con il risultato di avere una prole più sana.
Cinisca (in greco antico: Κυνίσκα, Kyníska; Sparta, 440 a.C. circa – dopo il 392 a.C.) fu una nobile spartana appartenente alla famiglia degli Euripontidi, figlia del re Archidamo II e sorella di Agide II e di Agesilao II, anch’essi sovrani della stessa città, nota per essere stata la prima donna della storia a vincere una gara delle Olimpiadi: la corsa dei carri con quattro cavalli delle Olimpiadi del 396 a.C.
CONFER
1 Jacqueline Christien, E.H.E.S.S., Anhima Department, Emeritus. Studies Ancient Greek History, Sparta, and Ancient Sparta. University Paris X Nanterre
Così ci narra Plutarco: “Se qualcuno criticava l’usanza di mandare le ragazze in processione nude e ne chiedeva il motivo, egli – Licurgo – rispondeva così: voglio che le ragazze seguano la stessa educazione dei maschi, in modo che non siano inferiori né per vigoria fisica e salute né per dirittura morale e virtù; e voglio che si disinteressino di quel che gli altri pensano di loro”
Conferenza sul Mito e il simbolismo di Sparta Spartani Σπαρτιάται aristocrazia austera
Un aggregato umano misterioso, austero, silenzioso ”laconico ”, schivo ,duro, dedito all’addestramento permanente , al culto della parola data, che per mantenere il suo status s’impone regole severe di rinuncia e restrizione, il privilegio degli Ὅμοιοι, gli Uguali Σπαρτιάται, Spartiati è essere fedeli e dediti ad un ideale metafisico autoreferenziale.
La danza pirrica ebbe il più grande sviluppo a Sparta, Σπάρτη Λακεδαίμων Probabilmente derivata dai riti organizzati per celebrare le vittorie di guerra e veniva eseguita da giovani, sia come danza individuale sia in gruppo, con armi e armature e con movenze che simulavano le posizioni di attacco e di difesa, accompagnate dalla musica del flauto.
Questa danza era finalizzata ad esercitare i combattenti aumentandone l’agilità prima della battaglia in cui dovevano confrontarsi con il nemico.
Il capo dei guerrieri era infatti anche il capo dei danzatori.
In seguito, la danza divenne una pantomima di imitazione del combattimento, più vicina a una forma di spettacolo. Platone, nelle Leggi, descrive questa danza come una mimica guerriera che rappresenta i differenti momenti del combattimento; iniziava con alcune parate eseguite sia tornando indietro lateralmente, sia indietreggiando, sia saltando, sia abbassandosi. Era eseguita sia da danzatori singoli, sia da due danzatori che si fronteggiavano l’uno all’altro, sia in gruppo numeroso. In questa forma si trattava di una danza schermata, o meglio, di una scherma organizzata che introduceva una nota di virile bellezza nelle feste spartane dei Dioscurie in altre feste come le Gimnopedie e le Grandi e Piccole Panatenaiche.
Secondo Louis Séchan, il termine deriverebbe dal nome dall’aggettivo πυρρός, rosso, la pirrica sarebbe allora la “danza rossa”, il colore vermiglio del sangue.
Πυρρίχιος χορός. Τελετή λήξης Πανελλήνιας Άσκησης Εφέδρων «ΜΑΚΕΔΟΝΟΜΑΧΟΣ» Στην Λύρα ο Κώστας Τυρεκίδης, και στο νταούλι ο Νίκος Καλογερίδης. Ο Πυρρίχιος είναι ο αρχαιότερος Eλληνικός πολεμικός χορός. Οι χορευτές χορεύαν κρατώντας ασπίδα και δόρυ και φορώντας περικεφαλαία. Για την δημιουργία του υπάρχουν τρεις μυθικές εκδοχές: 1) Κατά τη διάρκεια της βασιλείας του Κρόνου, πριν τις Τιτανομαχίες και ενώ ο Ζευς ήταν ακόμα βρέφος, οι Κουρήτες χόρευαν τον πυρρίχιο γύρω του κάνοντας δυνατό θόρυβο με τα όπλα και τις ασπίδες τους για να μην ακούσει ο παιδοκτόνος Κρόνος το κλάμα του. 2) Στην πολιορκία της Τροίας, ο Αχιλλέας, πριν κάψει το νεκρό Πάτροκλο, χόρεψε τον Πυρρίχιο πάνω στην πλατφόρμα των καυσόξυλων πριν παραδώσει τον Πάτροκλο στη νεκρική πυρά (πυρά – Πυρρίχιος). 3) Ο Πύρρος (γιος του Αχιλλέα) κάτω από τα τείχη της Τροίας, χόρεψε σε αυτό τον ρυθμό, από τη χαρά του για το θάνατο του Ευρύπυλου (Πύρρος – Πυρρίχιος). Όποια και αν ήταν η μυθική «καταγωγή» του Πυρρίχιου, το σίγουρο είναι ότι τον χόρευαν από τον Εύξεινο Πόντο μέχρι την Κύπρο και την Κρήτη, ενώ οι Σπαρτιάτες τον θεωρούσαν ένα είδος πολεμικής προπόνησης και τον μάθαιναν από μικρά παιδιά. Για τον Πυρρίχιο βρίσκουμε αναφορές στον Όμηρο και τον Ξενοφώντα. Στις μέρες μας, τον σύγχρονο πυρρίχιο έχουν κληρονομιά οι Πόντιοι, σε μία μορφή που ίσως πλησιάζει την πύρριχη χωρίς οπλισμό, με άνδρες (οι γυναίκες απαγορευόταν να χορέψουν
Licurgo Λυκοῦργος , mitico fondatore di Sparta, aveva proibito agli Σπαρτιάται, Spartiátai qualsiasi attività economica (per un lungo periodo ti tempo fu così)
Essi non potevano commerciare, ne eseguire lavori artigianali, non potevano guadagnare denaro ad alcun titolo,unico redditto consentito era quello derivante dai lotti di terra assegnati dallo stato agli spartiati ,appunto perchè ne traessero di che vivere dignitosamente, ma niente di più.( i lotti di terra erano lavorati dagli iloti, Εἱλῶται o Εἱλῶτες, popolo della Messenia, mezzadri in stato di sottomissione.)
Le monete d’oro e d’argento erano proibite in Laconia, circolava solo una valuta locale , di ferro, che delle monete non aveva nemmeno la forma.Si trattava di spiedini, ciascuno dei quali veniva bagnato nell’aceto dopo la fusione per renderne impossibile il recupero anche di quel piccolissimo valore reale situato nel metallo, importare monete doro o d’argento era considerato reato.
Fonte Brodo Nero Sergio Valzania pag.139
Il brodo nero (μέλας ζωμός) era il piatto tradizionale spartano,una zuppa nera di uno spezzatino di maiale, reso scuro dall’aggiunta di sanguinaccio e vino, considerato simbolo della frugalità degli spartani. Presso gli altri greci era mal considerato per la proverbiale sgradevolezza del sapore, il brodo nero costitutiva la componente fondamentale consumata nei sissizi, τὰ συσσίτιαi, pasti comuni, riservati agli spartiati, ma occasionalmente potevano esservi ammessi anche motaci ossia figli di spartiati la cui madre era di condizione ilotica, o agli stranieri, meteci (μέτοικοι, metoeci) Motaci o motoni; gr. μόϑωνες era una classe sociale composta dai figli di padre spartiate e madre ilota, erano allevati assieme ai discendenti legittimi degli Spartiati e talora ottenevano il diritto di cittadinanza e importanti uffici militari o politici. I Neodamodi , νεωδαμώδεις o νεοδαμάδεις sostanzialmente erano gli Iloti liberati che, pur ottenendo i diritti civili non godevano però di diritti politici. Potevano essere inquadrati nell’esercito, in truppe secondarie o di riserva: per esempio lo stesso Senofonte riporta che Tibrone, nel 400 a.C., utilizzò un esercito comprendente mille neodamodi.
τὰ συσσίτιαi, sissizi, pasti comuni,istituzione, che creava un elemento fondamentale dello stato spartano, aveva una funzione di rafforzare il senso di appartenenza alla comunità, ponendo in contatto quotidiano i giovani spartiati con anziani più esperti.
Tutti i cittadini erano divisi in comunità formate in genere da 15 membri, che giornalmente si riunivano per consumare il pasto.
Le spese erano ripartite in parti uguali tra i partecipanti, che corrispondevano mensilmente la propria quota in natura. Chi non era in grado di farlo veniva retrocesso nella categoria degli hypomeiones , οἱ ὑπομείονες, ‘quelli minori’,perdendo i diritti politici. Dal V secolo a.C. anche i re furono obbligati a partecipare ai sissizi.
Tra hypomeiones , οἱ ὑπομείονες, confluivano anche i cadetti essendo il kleros, κληρος “ciò che tocca a sorte”, destinato al primogenito; questa fu una delle cause della progressiva decadenza demografica degli spartiati e della diminuzione degli opliti.
Il klêros κληρος lotto di terreno assegnato da Sparta e da altre città doriche a ogni cittadino, inalienabile e individuale veniva trasmesso al primogenito, i figli cadetti, cioè i nati dopo il primogenito, non avendo il klêros, godevano di minori diritti civili, in assenza di eredi il klêros tornava alla città-Stato.
Φόβος Phobos, paura, era una ierofania, ἱερὸςφάνεια, che riceveva onori e rispetto a Sparta Σπάρτη. Figlio di Ares, dio della guerra, e di Afrodite, dea della bellezza, era la ierofania della paura e fratello di Deimos, il terrore causato dalla guerra.
Σπαρτιάται, Spartiátai fondavano la propria metafisica sull’addestramento marziale e sulla preparazione alla guerra, il segreto del loro successo risiedeva nel terrore folle che incutevano nei nemici nel vederli così calmi, determinati e sicuri, affrontare con serenità schiere numericamente molto più affollate.
Dominare la paura per atterrire gli avversari, terrorizzare con l’ imperturbabilità le emotive schiere nemiche un arte raffinata e una profonda conoscenza psicologica trasmessa di generazione in generazione.
La agoghé (ἀγωγή) era un rigoroso regime di educazione e allenamento basato su disciplina e obbedienza cui era sottoposto ogni cittadino spartano, il duro addestramento militare spartano, che durava tutta la vita, il servizio militare terminava introno ai 60 anni , mirava a fortificare il corpo e lo spirito dei soldati, che si sapevano nati per la guerra e che nella morte in battaglia vedevano l’occasione ambita per coronare di gloria sé e la propria famiglia.
Phobos e Ares
Si dice che tempio maggiore di Φόβος si trovasse a Sparta e gli Spartani pregavano nel tempio prima di scendere in battaglia. Plutarco riferisce, nella Vita di Alessandro, che anche Alessandro Magno, alla vigilia della battaglia di Gaugamela Γαυγάμηλα contro il re persiano Dario, fece sacrifici a questo dio.
Addestramento per controllare la paura con tecniche di fine psicologia, se è la mente a provare agitazione, è i il corpo a manifestarla: fin da bambini, quindi, venivano abituati a controllare quei movimenti involontari (contrazioni delle palpebre, tremolii degli arti, deflusso circolatorio) che sono spia e fomento al terrore.
Era uno spettacolo grandioso e insieme terrificante vederli avanzare al passo cadenzato dai flauti senza aprire la minima frattura nello schieramento o provare turbamento nel animo, calmi ed allegri, guidati al pericolo dalla musica. Perché non si può pensare che paura o furore smodato s’impossessassero di uomini così composti; ma certo un fermo proposito, sorretto da fiducia e coraggio, come se Dio li accompagnasse. […] Vinto e sbaragliato il nemico, l’inseguivano quel tanto che bastasse a consolidare con la sua fuga la vittoria, quindi rientravano immediatamente nell’accampamento, perché pensavano fosse un’azione ignobile e indegna degli Elleni tagliare a pezzi e trucidare chi rinunziava alla vittoria e aveva abbandonato la lotta. Il loro metodo era non solo onorevole e magnanimo, ma anche vantaggioso: gli avversari, quando sapevano che gli Spartani uccidevano chi opponeva loro resistenza e risparmiavano chi cedeva, stimavano più conveniente fuggire che resistere. Trad. C. Carena, in Vite parallele, Einaudi, Torino 1958.
Nell’antica Grecia ὕβρις insolenza, tracotanza eccesso”, “superbia”, “orgoglio” è anche personificazione della prevaricazione È un antefatto che vale come causa a priori che condurrà alla catastrofe καταστροϕή, «rivolgimento, rovesciamento», della tragedia e delle vicende umane.Per il pensiero greco, è ogni situazione in cui si assiste ad un oltrepassamento del giusto, una prevaricazione della legge dell’armonia.
Se il pensiero greco, soprattutto presocratico, è la riflessione sul carattere armonico della realtà necessario a mantenere in equilibrio l’intero universo, l’hybris rappresenta allora quella prevaricazione degli elementi che conduce ad uno strappo nel tessuto armonico della realtà.
La ὕβρις è una colpa compiuta da chi offende con prepotenza e tracotanza, è punita dalla “némesis” ( νέμεσις), che significa “vendetta degli dei”, “ira”, “sdegno”.
Fregio nord dell’architrave del Tesoro dei Sifni a Delfi.Archaeological Museum of Delphi,
Gli spartani sono stati efficacemente educati ai ragionamenti filosofici da questo: se qualcuno si trova infatti a conversare con il più stolto degli spartani, troverà che per la maggior parte della conversazione l’uomo appare davvero stolto. Tuttavia, poi, quando gli si presenta un’occasione nel discorso, questa stessa persona è capace di scagliare una frase degna di nota, breve e significativa, come un abile arciere, cosicché il suo interlocutore appare niente più che un bambino. Questo dunque hanno compreso sia i contemporanei sia gli antichi, cioè che imitare gli spartani significa amare la filosofia molto più della ginnastica, consapevoli che pronunciare frasi brevi e significative è proprio di uomini che sono stati educati alla perfezione.
Tra questi c’erano Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Briene, il nostro Solone, Cleobulo di Lindo, Misone di Chene, e il settimo tra loro si narra che fosse Chilone di Sparta.
Tutti questi erano ammiratori, amanti e seguaci dell’educazione spartana: chiunque, dai detti brevi e memorabili che ciascuno di loro pronunciò, potrebbe comprendere che la loro sapienza era di origini spartane. Costoro, riunitisi insieme, consacrarono come primizia della loro sapienza ad Apollo nel tempio di Delfi queste iscrizioni che tutti celebrano, «Conosci te stesso» e «Nulla di troppo». Per quale motivo dico queste cose? Perché questo era lo stile della filosofia degli antichi: una brevità spartana.
Un aggregato umano misterioso, austero, silenzioso ”laconico ”, schivo ,duro, dedito all’addestramento permanente , al culto della parola data, che per mantenere il suo status s’impone regole severe di rinuncia e restrizione, il privilegio degli Ὅμοιοι, gli Uguali Σπαρτιάται, Spartiati è essere fedeli e dediti ad un ideale metafisico autoreferenziale.
”l’imbarazzo della storia sta spesso nella permanenza delle parole e nel cambiamento del loro significato. La guerra dei Greci era un privilegio,oltre che una maledizione. combattere era uno dei modi attraverso i quali si definiva un’identità, più ancora uno status…”
(Brodo Nero Sergio Valzania pag.20 )
Era uno spettacolo grandioso e insieme terrificante vederli avanzare al passo cadenzato dai flauti senza aprire la minima frattura nello schieramento o provare turbamento nell’animo, calmi ed allegri, guidati al pericolo dalla musica. Perché non si può pensare che paura o furore smodato s’impossessassero di uomini così composti; ma certo un fermo proposito, sorretto da fiducia e coraggio, come se Dio li accompagnasse.
Plutarco vite Parallele
Πλούταρχος Βίοι Παράλληλοι
Vita di Licurgo