ἀπόϕθεγμα, da ἀποϕθέγγομαι “pronuncio” un detto breve e sentenzioso, molto in uso presso gli Spartani, noti per l’arguta brevità delle loro risposte, le loro frasi erano scarse e ridotte all’osso, proprio come oracoli o sentenze.
“Nel corso di una riunione gli fu chiesto se stava zitto perchè era stupido o per mancanza di argomenti; egli rispose: «Se fossi stupido, non sarei capace di stare zitto». Plutarco – Demarato – Apoftegmi spartani
Amore per la libertà (che in Sparta è indistinguibile dall’amor patrio), essenzialità (che si lega a una marcata repulsione per il fronzolo, l’ornamento), coraggio (specie in ambito marziale), ma anche valori puramente logici o intellettuali, come la compiaciuta allusività, lo stile criptico ma asciutto, al contempo oracolare e apodittico, cui non a caso si usa riferirsi con l’aggettivo “laconico”.
Secondo lo storico Plutarco re di Sparta Leonida I la pronunciò in risposta alla richiesta di consegnare le armi avanzata dal re persiano Serse durante la battaglia delle Termopili.
Quando Serse ha scritto di nuovo,” Consegnate le armi “, ha risposto: ” Vieni a prenderle!”
Plutarco cita la frase nel suo Apophthegmata Laconica (“Detti degli Spartani”). Lo scambio tra Leonida e Serse avviene per iscritto, alla vigilia della battaglia delle Termopili (480 a.C.)
Gli Spartani si prendevano cura dei loro capelli, memori di un detto di Licurgo, secondo il quale una chioma fluente rende più gradevoli i belli e più minacciosi i brutti.
Mentre essi decidevano queste cose, Serse mandava come esploratore un cavaliere a vedere quanti erano e cosa facevano. Quando era ancora in Tessaglia aveva sentito dire che lì era stato adunato un piccolo esercito e che i comandanti erano gli Spartani e Leonida, che era della stirpe di Eracle.
2 Quando il cavaliere si avvicinò all’accampamento, osservava e non vedeva tutto l’esercito; infatti quelli schierati dietro il muro, che proteggevano dopo averlo riparato, non era in grado di vederli; egli osservava quelli fuori, le cui armi giacevano davanti al muro; per caso in quella circostanza erano schierati fuori gli Spartani.
3 Vedeva quindi alcuni degli uomini che si addestravano, altri che si acconciavano le chiome. Si meravigliava vedendo queste cose e notava il numero. Dopo aver osservato ogni cosa senza timore galoppava indietro tranquillamente; nessuno infatti l’inseguiva né lo tenne in molta considerazione. Ritornato riferiva a Serse tutto ciò che aveva visto.
γυμναζομένους Il portare i capelli lunghiera un tratto distintivo della condizione di uomo libero. Nella Vita di Lisandro plutarchea (1,2), nella quale l’ accento è posto sull’abitudine degli Spartani a farsi crescere i capelli, adottata secondo Erodoto in occasione della Battaglia dei Campioni e simmetrica alla rasatura degli Argivi; alla capigliatura degli Spartani si fa riferimento in polemica contrapposizione a Erodoto: mentre questi ascrive la chioma lunga all’esito della Battaglia dei Campioni, Plutarco, prendendo spunto dalla capigliatura di Lisandro, la fa risalire a Licurgo. Non è vero, secondo Plutarco, che «quando gli Argivi, dopo la grande disfatta, si rasero il capo in segno di lutto, gli Spartiati, esaltati dal successo, decisero all’opposto di lasciarsi crescere i capelli […] anche questa, invece, è un’usanza introdotta da Licurgo» –
Plutarco afferma che gli uomini spartani si prendevano particolarmente cura dei loro capelli soprattutto vicino alle battaglie e fa riferimento a una presunta citazione di Licurgo secondo cui i capelli lunghi erano preferiti perché rendevano un bell’uomo ancora più bello, e uno brutto più spaventoso.
Se le ciocche raffigurate nella scultura antica fossero in realtà intrecciate non è possibile dirlo, data la natura stilizzata delle prove. Tuttavia, è fisicamente impossibile mantenere i capelli lunghi ordinati in ciocche quando si praticano sport e altre attività faticose, a meno che non siano tenuti fermi in qualche modo. Quindi, l’esperienza moderna suggerisce che gli uomini spartani si intrecciassero i capelli, cosa che è coerente con le prove archeologiche.
1 Ascoltandolo Serse non riusciva a comprendere ciò che era, che si preparassero ad essere uccisi e a uccidere secondo le loro forze, ma poiché gli sembrava che facessero cose ridicole, mandò a chiamare Demarato, figlio di Aristone, che era nell’accampamento.
2 Una volta giunto, Serse lo interrogava su ognuna di queste cose, volendo sapere quello che si faceva da parte degli Spartani. Ed egli disse: “Mi hai sentito parlare anche prima, quando muovevamo contro la Grecia, a proposito di questi uomini, e dopo avermi ascoltato mi facevi oggetto di riso perché dicevo in che modo, vedendolo, sarebbero andate a finire queste cose; per me infatti esercitare la verità di fronte a te, o re, è uno sforzo grandissimo.
3 Ascoltami anche ora: questi uomini sono giunti con l’intento di combatterci per il passo, e a questo si preparano. C’è infatti per loro un’usanza così: qualora stiano per rischiare la vita, allora si acconciano le chiome.
4 E sappi che, se sconfiggerai costoro e chi resta a Sparta, non c’è nessun’altra schiera d’uomini che oserà levare le mani contro di te, o re. Ora infatti ti muovi contro il regno e la città più bella tra quelle in Grecia e contro gli uomini migliori”.
5 Senza dubbio a Serse le cose dette sembravano essere incredibili, e di nuovo chiedeva in che modo, pur essendo così pochi, avrebbero combattuto contro il suo esercito. Ed egli disse: “O re, trattami come un uomo bugiardo se queste cose non andranno così come io dico”.
Tra i Lacedemoniani (Spartani) e Thespiani, l’uomo migliore fu chiamato lo Spartano Dienekes., prima dell’inizio della battaglia, i medi (persiani) mandarono un emissario al fianco di Dienekes (Trichinion), per vantarsi delle frecce dei barbari, dicendo che sarebbero stati così tanti, che avrebbero oscurato il sole. Ma i messaggeri stranieri furono sorpresi nel sentire Dienekes rispondere, che sarebbe stato bello se i persiani avessero cancellato il sole, perché avrebbero condotto la battaglia all’ombra .
Questo è in terza persona plurale. Quindi, se vuoi dire “combatteremo all’ombra”:
υπό σκιή εσοίμην προς ημάς η μάχη (και ουκ εν ήλιω)
Il modo laconico di dire che sarebbe probabilmente:
υπό σκιή η μάχη (la battaglia sarà all’ombra) o υπό σκιή μαχόμεσθα
(combatteremo all’ombra)
La ” frase laconica “ “allora noi combatteremo all’ombra” è stato citato , da Cicerone ( in umbra igitur pugnabimus , tuscolani Dispute I.42) e Valerio Massimo ( in umbra enim proeliabimur , III.7, ext. 8).
PASSIONE e PROFESSIONALITA’
DOJO RUAN un luogo ESSENZIALE
ring, sacchi ,barre per trazioni, un luogo per scelta spartano nell’intento Dojo Ruan ASD RUAN BOXING
Il simbolo dei Dioscuri: il Dokana, un “π”, rappresentato a modo di tripode stilizzato, con due serpenti laterali.
I DiòscuriΔιόσκουροι, Dióskouroi – in latino Dioscuri CàstoreΚάστωρ, -ορος – Kástōr, in latino Castōr, -ŏris e Pollùce o PolideuceΠολυδεύκης, -ους – Polydéukēs, in latino Pollūx, -ūcis, sono due personaggi della mitologia greca, etrusca e romana, avevano entrambi una propria specificità: Castore era domatore di cavalli e Polluce era ottimo nel pugilato
Δόκανα
”Una struttura in legno composta da due pali paralleli eretti e collegati da una o due travi trasversali, costruita nei luoghi di culto e alle spalle degli altari. M. Nilsson, ad esempio, suggeriva che potesse derivare da un originario culto degli alberi, perpetuando in forme simboliche modi di venerazione ancestrale
Altri, invece, partendo da alcune indicazioni delle fonti, vi hanno ravvisato una porta rituale, la costruzione di un infisso privo di battenti che poteva rappresentare in maniera ideale il passaggio tra mondo reale e inferio lo schienale di un trono, del tipo di quelli allestiti per le divinità, troni-altare’attestati nella cultura funeraria dell’Etruria meridionale,potrebbe essere una porta destinata allo svolgimento di riti di passaggio e riprende una vecchia proposta che li collega al tigillum sororium di Roma, sottolineando quindi il carattere iniziatico del culto.” In chiave simbolica, come immagine astratta della philadelpheia tra i due gemelli,dell’amore fraterno espresso dal collegamento indissolubile tra i due montanti.
Dioscuri
Plutarco afferma esplicitamente, infatti, di riportare una convinzione degli Spartani, non una sua opinione: ”Gli Spartani chiamano dokana le antiche immagini dei Dioscuri; consistono in due legni paralleli congiunti da due traverse”
Presso Sparta i Dioscuri sono strettamente associati alla doppia regalità che caratterizza la monarchia spartana
«Quando infine l’esercito era schierato al cospetto dei nemici, il re sgozzava una capra, invitava tutti a incoronarsi di fiori e ordinava ai flautisti di suonare l’inno a Castore; e senz’altro egli stesso intonava una marcia»
Questa canzone di guerra, nota come Kastòreion, «il ritmo di marcia che gli Spartani suonano in battaglia» ed era collegato ad una danza ritmata.
Si narra che i gemelli divini avessero insegnato agli Spartani a ‘danzare la cariatide’karyatìzein e di seguito riporta una descrizione della pratica svolta dagli efebi nella loro agogè ἀγωγή
(era un rigoroso regime di educazione e addestramento basato su disciplina e obbedienza cui era sottoposto ogni cittadino spartano, comprese le due dinastie reali (Agiadi ed Euripontidi), fin dall’età di 7 anni. Comprendeva la separazione dalla famiglia, la coltivazione della lealtà di gruppo, l’allenamento alla guerra e alla pratica militare, caccia, danza e preparazione per la società e per l’attività civile.)
Giovani spartani che si esercitano (o “L’educazione degli spartiati”), di Edgar Degas. Londra, National Gallery.
«Puoi ancora vedere i loro efebi imparare a danzare non meno che a combattere: quando smettono di lottare con le mani, di colpire ed essere a loro volta colpiti, la loro lotta si conclude con una danza. Un flautista sta seduto in mezzo a loro, accompagnandoli con la musica e battendo il ritmo con i piedi, mentre essi, in fila uno dietro l’altro, camminano seguendo il ritmo e fanno gesti di ogni genere, ora guerreschi, ora corali, graditi a Dioniso e ad Afrodite».
Questo indirizzo di ricerca, da approfondire anche in considerazione della complessità rituale e delle figure divine coinvolte, sembra suggerire la possibilità che i due gemelli divini possano anche aver avuto competenze di culto distinguibili e che la differenza tra Castore, militare e cavaliere, e Polluce, efebo e atleta, corrisponda a due aspetti complementari all’ interno dei ruoli sociali primari della comunità maschile spartana.
Non a caso il mito dei due gemelli divini ha costituito anche un paradigma esemplare dal punto di vista educativo e morale:
infatti non bisogna sottovalutare neanche la lettura di Plutarco del culto dei dokana dal momento che il modello di philadelpheia Φιλαδέλφεια (da φιλέωphiléō “amare” e ἀδελφός adelphós “fratello”) spinto sino
all’accettazione della morte costituisce un valore importante nel costume militare arcaico, che puntava proprio sulla costruzione di un forte rapporto di reciprocità tra gli Spartiati, importante soprattutto nella conduzione della guerra.
Confer
Enzo Lippolis, Rituali di guerra: i Dioscuri a Sparta e a Taranto
Per la tradizione romana, il Tigillum Sororum (trave della sorella) era un trave di legno, posto tra due pali, sotto il quale fu fatto passare l’Orazio supersiste come rito di espiazione (passare sotto il giogo) per aver ucciso la sorella Camilla. Di fatto, si tratterebbe del primo Arco costruito a Roma. L’arco sarebbe stato posto vicino agli altari di Giunone Sororia e di Giano Curiazio
Sotto questo arco ligneo passavano i soldati romani ogni 1º ottobre, quindi al termine della stagione della guerra, come atto di purificazione
« εἰπούσης γάρ τινος, ὡς ἔοικε, ξένης πρὸς αὐτὴν ὡς ‘μόναι τῶν ἀνδρῶν ἄρχετε ὑμεῖς αἱ Λάκαιναι,’ ‘μόναι γάρ,’ ἔφη, ‘τίκτομεν ἄνδρας.’ » « Un giorno una tale, presumibilmente una forestiera, le disse: “ Solo a Sparta le donne comandano gli uomini”, e Gorgo rispose: “Sì, ma solo le donne di Sparta generano veri uomini”. » Plutarco, Vita di Licurgo, 14, 4
Nessuna città greca dell’antica Grecia le donne godevano della stessa libertà e dello stesso status sociale come a Sparta, Solo a Sparta le donne avevano il potere e l’influenza finanziaria.
Le ragazze erano impegnate nell’addestramento fisico e ricevevano un’istruzione pubblica in contrasto con altre città, dove la maggior parte delle donne era completamente analfabeta.
I visitatori di altre città greche erano stupefatti poichè le spartane, che non solo avevano opinioni che non avevano paura di esprimere pubblicamente, ma in alcuni casi costringevano i loro mariti ad accettarle
Platone in Protagora (342 d) A Sparta ” Non erano solo gli uomini ma anche le donne a essere orgogliosi della loro coltivazione spirituale “. Non si trattava solo di educazione … era una formazione sistematica nel pensiero retorico e filosofico.
Quando le ragazze hanno raggiunto la maturità sessuale, non hanno fretta di sposarsi, a differenza delle ragazze del resto del mondo antico che hanno sofferto psicologicamente e fisicamente, soffrendo di sesso prematuro e spesso morendo. Al contrario, le leggi spartane affermavano esplicitamente che le ragazze dovevano sposarsi solo se fossero in età avanzata per ” godersi l’amore “.
Inoltre, le ragazze di Sparta non sposavano uomini molto più anziani, una pratica comune in altre città greche. Si stima che la maggior parte delle donne spartane avesse solo quattro o cinque anni meno dei loro mariti. E l’interesse di Sparta a dare alla luce bambini sani non nega la protezione delle ragazze dal matrimonio. Tutti i matrimoni nell’antica Grecia erano finalizzati alla gravidanza, ma in altre città gli uomini erano disposti ad accettare i tassi di mortalità inevitabilmente più alti dal sesso con le ragazze. L’eccezionale sistema sociale di Sparta, completamente incentrato sulla formazione militare, offriva alle loro donne un livello di libertà e di responsabilità non comune nel mondo classico: come generatrici di bambini, erano vitali per rifornire le file di un esercito che subiva quasi continuamente perdite. Con tanti uomini costantemente in guerra, esse erano cruciali per il funzionamento delle famiglie e della comunità in generale. Le donne di Sparta erano considerate Spartiati, cioè cittadine a pieno titolo. Erano esenti dal lavoro manuale, potevano possedere la terra, accumulare ricchezza e avevano diritto a un’istruzione.
Gli abiti delle donne spartane erano notoriamente succinti per la loro epoca, permettendo loro di scoprirsi anche le cosce. Questo era ritenuto accettabile in quanto le donne, come gli uomini, avrebbero dovuto essere modelli di forma fisica. Gli Spartani credevano che più forte fosse la madre, più forte era il figlio.
Una famosa citazione di una donna spartana, riportata da Plutarco, è che alla partenza per una battaglia le madri avrebbero detto ai loro figli di tornare “con i loro scudi, o sopra di esso”. O con lo scudo in mano e trionfante, o trasportato sopra lo scudo, morto.
Plutarco scrive anche di donne spartane che uccidevano i loro figli qualora si fossero dimostrati codardi, o che celebravano i loro morti se questi cadevano sul campo di battaglia. L’ethos di Sparta era chiaramente radicato nella mente delle donne.
Ἄλλη προσαναδιδοῦσα τῷ παιδὶ τὴν ἀσπίδα καὶ παρακελευομένη, “τέκνον,” ἔφη, “ἢ τὰν ἢ ἐπὶ τᾶς”; cioè, come dovresti facilmente tradurre da solo: “un’altra, consegnando al figlio lo scudo ed esortandolo, disse:
Moralia 241,16, “Detti degli Spartani”, Άποφθέγματα Λακωνικά, e precisamente alla sezione “Detti delle donne spartane”
ἢ τὰν ἢ ἐπὶ τᾶς.
‘Figlio, o con questo o su questo”
C’era un solo modo per cui uno Spartano poteva avere il suo nome inciso nella sua lapide, ed era morire in battaglia.
L’equivalente per una donna era invece di morire adempiendo al suo dovere divino per Sparta: partorire.
“strani” rituali e regole – una delle quali era che tutte le relazioni tra mariti e mogli dovevano essere condotte in segreto. L’idea era che, dal momento che il contatto sarebbe stato limitato, in questo modo i desideri sessuali si sarebbero intensificati e la “potenza” sarebbe aumentata, con il risultato di avere una prole più sana.
Cinisca (in greco antico: Κυνίσκα, Kyníska; Sparta, 440 a.C. circa – dopo il 392 a.C.) fu una nobile spartana appartenente alla famiglia degli Euripontidi, figlia del re Archidamo II e sorella di Agide II e di Agesilao II, anch’essi sovrani della stessa città, nota per essere stata la prima donna della storia a vincere una gara delle Olimpiadi: la corsa dei carri con quattro cavalli delle Olimpiadi del 396 a.C.
CONFER
1 Jacqueline Christien, E.H.E.S.S., Anhima Department, Emeritus. Studies Ancient Greek History, Sparta, and Ancient Sparta. University Paris X Nanterre
Così ci narra Plutarco: “Se qualcuno criticava l’usanza di mandare le ragazze in processione nude e ne chiedeva il motivo, egli – Licurgo – rispondeva così: voglio che le ragazze seguano la stessa educazione dei maschi, in modo che non siano inferiori né per vigoria fisica e salute né per dirittura morale e virtù; e voglio che si disinteressino di quel che gli altri pensano di loro”
Conferenza sul Mito e il simbolismo di Sparta Spartani Σπαρτιάται aristocrazia austera
Un aggregato umano misterioso, austero, silenzioso ”laconico ”, schivo ,duro, dedito all’addestramento permanente , al culto della parola data, che per mantenere il suo status s’impone regole severe di rinuncia e restrizione, il privilegio degli Ὅμοιοι, gli Uguali Σπαρτιάται, Spartiati è essere fedeli e dediti ad un ideale metafisico autoreferenziale.