La realtà si divide in cose soggette al nostro potere cose non soggette al nostro potere… Epitteto manuale

τῶν ὄντων τὰ μέν ἐστιν ἐφ’ ἡμῖν, τὰ δὲ οὐκ ἐφ’ ἡμῖν. ἐφ’ ἡμῖν μὲν ὑπόληψις, ὁρμή, ὄρεξις, ἔκκλισις καὶ ἑνὶ λόγῳ ὅσα ἡμέτερα ἔργα: οὐκ ἐφ’ ἡμῖν δὲ τὸ σῶμα, ἡ κτῆσις, δόξαι, ἀρχαὶ καὶ ἑνὶ λόγῳ ὅσα οὐχ ἡμέτερα ἔργα. 

Sono in nostro potere l’opinione, l’impulso, il desiderio, l’avversione, in breve tutte le nostre azioni.
Non sono invece in nostro potere il corpo, il patrimonio, la reputazione, le cariche pubbliche e, in una parola, tutte le azioni che non sono nostre.
Le cose che sono in nostro potere sono per natura libere, prive di impedimenti e di interferenze, quelle invece al di fuori del nostro potere sono deboli, schiave, piene di ostacoli, estranee.

καὶ τὰ μὲν ἐφ’ ἡμῖν ἐστι φύσει ἐλεύθερα, ἀκώλυτα, ἀπαραπόδιστα, τὰ δὲ οὐκ ἐφ’ ἡμῖν ἀσθενῆ, δοῦλα, κωλυτά, ἀλλότρια. μέμνησο οὖν, [3] ὅτι, ἐὰν τὰ φύσει δοῦλα ἐλεύθερα οἰηθῇς καὶ τὰ ἀλλότρια ἴδια, ἐμποδισθήσῃ, πενθήσεις, ταραχθήσῃ, μέμψῃ καὶ θεοὺς καὶ ἀνθρώπους, ἐὰν δὲ τὸ σὸν μόνον οἰηθῇς σὸν εἶναι, τὸ δὲ ἀλλότριον, ὥσπερ ἐστίν, ἀλλότριον, οὐδείς σε ἀναγκάσει οὐδέποτε, οὐδείς σε κωλύσει, οὐ μέμψῃ οὐδένα, οὐκ ἐγκαλέσεις τινί, ἄκων πράξεις οὐδὲ ἕν, οὐδείς σε βλάψει, ἐχθρὸν οὐχ ἕξεις, οὐδὲ γὰρ βλαβερόν τι πείσῃ.
	
 

 


1. La realtà si divide in cose soggette al nostro potere e cose non soggette al nostro potere. In nostro potere sono il giudizio, l'impulso, il desiderio, l'avversione e, in una parola, ogni attività che sia propriamente nostra; non sono in nostro potere il corpo, il patrimonio, la reputazione, le cariche pubbliche e, in una parola, ogni attività che non sia nostra. [2] E ciò che rientra in nostro potere è per natura libero, immune da inibizioni, ostacoli, mentre quanto non vi rientra è debole, schiavo, coercibile, estraneo. [3] Ricorda, allora, che se considererai libere le cose che per natura sono schiave, e tuo personale ciò che è estraneo, sarai impedito, soffrirai, sarai turbato, ti lamenterai degli dèi e degli uomini; se invece riterrai tuo solo ciò che è tuo, ed estraneo, come in effetti è, ciò che è estraneo, nessuno ti potrà mai coartare, nessuno ti impedirà, non ti lamenterai di nessuno, non accuserai nessuno, non ci sarà cosa che dovrai compiere contro voglia, nessuno ti danneggerà, non avrai nemici, perché non potrai patire alcun danno. [4] Ora, se aspiri a così alta condizione, ricorda che non basta uno sforzo modesto per raggiungerla, ma ci sono cose che devi definitivamente abbandonare, altre che per il momento devi differire. Mentre se desideri averle, e in più desideri cariche pubbliche e ricchezze, probabilmente, per il fatto stesso di ambire alle prime, non otterrai neppure le seconde: in ogni caso, fallirai gli unici presupposti che consentano libertà e felicità. [5] Quindi esercitati fin d'ora a dire a ogni rappresentazione che ti colpisca per la sua asprezza: «sei soltanto una rappresentazione, non sei affatto ciò che sembri in apparenza». Poi analizzala e sottoponila alla valutazione degli strumenti in tuo possesso, accertando - il primo e il più importante esame - se essa sia relativa a cose che ricadono in nostro potere ovvero a quelle che non vi rientrano; e in questo secondo caso abbi già pronta la conclusione: «per me non è nulla».

 



 


 ANGELO POLIZIANO

Versione latina del «Manuale»

 
EPICTETI STOICI ENCHIRIDION AB ANGELO POLITIANO E GRAECO VERSUM

 
I. QUAE IN NOBIS SINT QUAEVE NON, QUALIAVE QUAEQUE SINT.

[1, 1] Eorum quae sunt partim in nobis est, partim non est. In nobis est opinio, conatus, appetitus, declinatio et, ut uno dicam verbo, quaecunque nostra sunt opera. Non sunt in nobis corpus, possessio, gloria, principatus et uno verbo quaecunque nostra opera non sunt. [1, 2] Quae igitur in nobis sunt, natura sunt libera, nec quae prohiberi impedirive possint. Quae in nobis non sunt, ea imbecilla, serva, et quae prohiberi possint, atque aliena.

II. QUID EX EORUM QUAE NOSTRA QUAEQUE ALIENA SINT IGNORATIONE NOTITIAQUE EVENIAT.

[1, 3] Si quae natura sunt libera serva putabis et aliena quae sunt propria, impedieris, dolebis, turbaberis, incusabis deos atque homines. Si vero, quod tuum est, id solum tuum esse putabis, et alienum quod re vera est alienum, nemo te coget unquam, nemo prohibebit, neminem culpabis, neminem accusabis, invitus nihil ages, nemo te laedet, inimicum non habebis.

Animum debes mutare, non caelum.  Devi cambiare animo non Il cielo

Hoc tibi soli putas accidisse et admiraris quasi rem novam quod peregrinatione tam longā et tot locorum varietatibus non discussisti tristitiam gravitatemque mentis? 
Animum debes mutare, non caelum. 
Licet vastum traieceris mare, licet, ut ait Vergilius 
noster,tērraēque ūrbēsquĕ rĕcēdānt,

sequentur te quocumque perveneris vitia. 
Hoc idem querenti cuidam Socrates ait, 
'quid miraris nihil tibi peregrinationes prodesse, cum te circumferas? premit te eadem causa quae expulit'. 
Quid terrarum iuvare novitas potest? 
quid cognitio urbium aut locorum? in irritum cedit ista iactatio. 

Quaeris quare te fuga ista non adiuvet? 

tecum fugis. 
Onus animi deponendum est: non ante tibi ullus placebit locus. 

Talem nunc esse habitum tuum cogita qualem Vergilius noster vatis inducit iam concitatae et instigatae multumque habentis in se spiritus non sui

bācchātūr vātēs, māgnūm sī pēctŏrĕ pōssīt

ēxcūssīssĕ dĕūm.

Vadis huc illuc ut excutias insidens pondus quod ipsā iactatione incommodius fit, sicut in navi onera immota minus urgent, inaequaliter convoluta citius eam partem in quam incubuēre demergunt. 
Quidquid facis, contra te facis et motu ipso noces tibi; aegrum enim concutis. 
At cum istuc exemeris malum, omnis mutatio loci iucunda fiet; in ultimas expellaris terras licebit, in quolibet barbariae angulo colloceris, hospitalis tibi illa qualiscumque sedes erit. 

Magis quis veneris quam quo interest, et ideo nulli loco addicere debemus animum. 
Cum hac persuasione vivendum est: 'non sum uni angulo natus, patria mea totus hic mundus est'. 
Quod si liqueret tibi, non admirareris nil adiuvari te regionum varietatibus in quas subinde priorum taedio migras; prima enim quaeque placuisset si omnem tuam crederes. 

Nunc non peregrinaris sed erras et ageris ac locum ex loco mutas, cum illud quod quaeris, bene vivere, omni loco positum sit. 

Credi che questo sia capitato a te solo e consideri con meraviglia, come situazione strana, il fatto che con un viaggio così lungo e con tante varietà di luoghi non hai scosso via la tristezza e la pesantezza della mente? 
Devi cambiare animo, non clima. 
Per quanto tu abbia attraversato un grande mare, per quanto, come dice il nostro Virgilio,

si allontanino e terre e città,

ti seguiranno i tuoi difetti dovunque giungerai. 

Ad un tale che si lamentava di questa stessa cosa Socrate disse, 
"perché ti meravigli che i viaggi non ti giovino per nulla, visto che porti in giro te stesso? 
Ti incalza lo stesso motivo che ti ha spinto lontano". 
Che può giovare la novità dei luoghi? 
Che la conoscenza di città o di luoghi? 
Codesta agitazione finisce nell'inutilità. 
Ti chiedi perché codesta fuga non ti giovi? 
Tu fuggi con te stesso. 
È da deporre il carico dell'animo: prima nessun luogo ti piacerà. 
Tieni presente che ora la tua condizione è tale quale il nostro Virgilio descrive (la condizione) della profetessa già esaltata e ispirata e che ha in sé molto spirito non suo:

la profetessa si dimena, (per vedere) se può dal petto

scuoter via il grande dio.

Tu vai qua e là per scuoter via il peso che sta dentro, che diventa più scomodo per lo stesso scuotimento, come in una nave i carichi immobili gravano di meno, (mentre) quelli che rotolano irregolarmente immergono più rapidamente quel settore sul quale si sono accalcati. 
Qualsiasi cosa fai, lo fai contro di te e con il movimento stesso ti nuoci: infatti scuoti un malato. 
Ma quando avrai tolto questo malanno, ogni mutazione di luogo diventerà piacevole; per quanto tu sia cacciato nelle terre più remote, sia collocato in qualsiasi angolo di paese barbaro, quella sede, qualsiasi sia, sarà per te ospitale. Conta più chi che dove tu sia giunto, e perciò a nessun luogo dobbiamo condizionare l'animo. 
Bisogna vivere con questa convinzione: 
"non sono nato per un solo angolo, la mia patria è tutto questo universo". 
Se questo ti fosse chiaro, non ti meraviglieresti di non essere per nulla avvantaggiato dai cambiamenti delle regioni nelle quali ti sposti continuamente per noia delle precedenti; infatti ti sarebbe piaciuta la prima se tu ritenessi tua ogni regione. 

Ora non viaggi ma vai errando e ti fai trasportare e muti luogo dopo luogo, mentre quello che cerchi, vivere bene, è collocato in ogni luogo. 

Seneca-Epistula ad Lucilium XXVIII (Sen. Ep. Luc. XXVIII)

Inter se ista miscenda sunt: et quiescenti agendum et agenti quiescendum est. (Seneca).

Itaque hoc quod apud Pomponium legi animo mandabitur:

 ‘quidam adeo in latebras refugerunt ut putent in turbido esse quidquid in luce est’. 

Inter se ista miscenda sunt: et quiescenti agendum et agenti quiescendum est. 

Cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse se et noctem. 
Vale.

Ti verrà affidata questa frase che ho letto in  Pomponio: 
“Vi son quelli che tanto rifuggono sotterra che ritengono tempesta  tutto ciò che sta sotto il sole”. 
Bisogna saper conciliare queste due tendenze, che il flemmatico prenda iniziative 
e che chi è sempre in attività sappia apprezzare la quiete. 
Consigliati con la natura, ti dirà di aver creato sia il giorno sia la notte. Sta’ bene.
("vi è chi vive così chiuso nel suo guscio da vedere un oscuro pericolo in tutto ciò che sta alla luce del sole" Occorre saper conciliare le due condizioni di vita l'uomo che vive nella quiete sia più operoso e l'uomo d'azione trovi il tempo per riposare. Tu segui l'esempio che ti da madre natura essa ha fatto sia il giorno che la notte.)
Ad Lucilium, III
Così ciò che ho letto in Pomponio sarà mandato a mente: «Certi a tal punto sono rifuggiti nei nascondigli, che credono sia nel torbido tutto ciò che è nella luce». Devono essere mescolate tra loro queste (cose): e da chi riposa si deve agire, e da chi agisce si deve riposare. Delibera con la natura: lei ti dirà che ha fatto e il giorno e la notte.

Ricorda sempre anche che l’unico tempo che viviamo  è solo il presente Marco Aurelio

Πάντα οὖν ῥίψας ταῦτα μόνα τὰ ὀλίγα σύνεχε καὶ ἔτι συμμνημόνευε, ὅτι μόνον ζῇ ἕκαστος τὸ παρὸν τοῦτο, τὸ ἀκαριαῖον· τὰ δὲ ἄλλα ἢ βεβίωται ἢ ἐν ἀδήλῳ. Μικρὸν μὲν οὖν ὃ ζῇ ἕκαστος· μικρὸν δὲ τὸ τῆς γῆς γωνίδιον ὅπου ζῇ· μικρὸν δὲ καὶ ἡ μηκίστη ὑστεροφημία καὶ αὕτη δὲ κατὰ διαδοχὴν ἀνθρωπαρίων τάχιστα τεθνηξομένων καὶ οὐκ εἰδότων οὐδὲ ἑαυτούς, οὔτι γε τὸν πρόπαλαι τεθνηκότα.

Quindi, dunque, mettete da parte tutto il resto, e aggrappatevi saldamente solo a questi pochi punti. 

Ricorda sempre anche che l’unico tempo che viviamo  è solo il presente, cioè un momento impercettibile; e che, per le altre parti della durata, o le abbiamo vissute, o non sappiamo mai se dobbiamo viverle.

 È quindi ben poco che il tempo che ognuno di noi vive; il misero angolo della terra  dove abitiamo è molto piccolo. Anche questa fama ci sopravvive pochissimo, anche se prendiamo quella che dura di più. 

E questa stessa fama  è dovuta solo alla successione di questi poveretti, che moriranno tra un momento  e che non si conoscono, lungi dal poter conoscere qualcuno che è morto da tanti anni.

PENSIERI DI MARCO AURELIO LIBRO III

Τοῦ ἀνθρωπίνου βίου ὁ μὲν χρόνος στιγμή La durata della vita dell’uomo è solo un punto 

Τοῦ ἀνθρωπίνου βίου ὁ μὲν χρόνος στιγμή, ἡ δὲ οὐσία ῥέουσα, ἡ δὲ αἴσθησις ἀμυδρά, ἡ δὲ ὅλου τοῦ σώματος σύγκρισις εὔσηπτος, ἡ δὲ ψυχὴ ῥεμβός, ἡ ​​​​δὲ τύχη δυστέκμαρτον, ἡ δὲ φήμη ἄκριτον· συνελόντι δὲ εἰπεῖν, πάντα τὰ μὲν τοῦ σώματος ποταμός, τὰ Δὲ τῆς ψυχῆς ὄνειρος καὶ τῦφος, ὁ ὁ βίος πόλεμος καὶ ξέ esi ἐπιδημ δ ἡ ὲ ὑὑὲ ὑὑὲμία. Τί οὖν τὸ παραπέμψαι δυνάμενον; Ἓν καὶ μόνον φιλοσοφία· τοῦτο δὲ ἐν τῷ τηρεῖν τὸν ἔνδον δαίμονα ἀνύβριστον καὶ ἀσινῆ, ἡδονῶν καὶ πόνων κρείττονα, μηδὲν εἰκῇ ποιοῦντα μηδὲ διεψευσμένως καὶ μεθ ὑποκρίσεως, ἀνενδεῆ τοῦ ἄλλον ποιῆσαί τι ἢ μὴ ποιῆσαι· ἔτι δὲ τὰ συμβαίνοντα καὶ ἀπονεμόμενα δεχόμενον ὡς ἐκεῖθέν ποθεν ἐρχόμενα, ὅθεν αὐτὸς ἦλθεν· ἐπὶ πᾶσι δὲ τὸν θάνατον ἵλεῳ τῇ γνώμῃ περιμένοντα ὡς οὐδὲν ἄλλο ἢ λύσιν τῶν στοιχείων, ἐξ ὧν ἕκαστον ζῷον συγκρίνεται.

XVII
La durata della vita dell’uomo è solo un punto 
il suo essere è in un flusso perpetuo; 
le sue sensazioni sono solo oscurità. 
Il suo corpo, fatto di tanti elementi, è facile preda della corruzione; 
la sua anima è un uragano; 
il suo destino è un oscuro enigma; 
la sua gloria sciocchezze. 
In una parola, tutto ciò che riguarda il corpo è un fiume che scorre; 
tutto ciò che riguarda l’anima è solo sogno e vanità; 
la vita è una lotta e il viaggio di un estraneo; 
e l’unica fama che ci attende dopo di noi è l’oblio. 
Chi può guidarci in mezzo a tante insidie? 
C’è una sola guida, una sola, è la filosofia 

E la filosofia è far sì che il genio che è in noi 
[47] resta puro da ogni macchia e danno, più forte dei piaceri o delle pene, agendo in nessun modo con leggerezza, falsità o finzione, senza alcun bisogno di sapere cosa fa o non fa un altro, accettando eventi di ogni genere e il destino che gli capita, come un’emanazione dalla fonte da cui egli stesso proviene, e soprattutto, in attesa, in uno stato d’animo dolce e sereno, la morte, che prende per la semplice dissoluzione degli elementi di cui tutto l’essere è composto. 
Ora, se, per gli elementi stessi, non è affatto dannoso mutarsi perennemente l’uno nell’altro, perché guardare con un occhio fioco al mutamento e alla dissoluzione di tutte le cose? 
Questo cambiamento è conforme alle leggi della natura; 
e in quello che fa la natura, non c’è mai niente di sbagliato.

PENSIERI DI MARCO AURELIO

LIBRO II

Come da un punto di vista privilegiato  in alto, guardare a volo d’uccello le cose della terra Marco Aurelio

Καλὸν τὸ τοῦ Πλάτωνος. καὶ δὴ περὶ ἀνθρώπων τοὺς λόγους ποιούμενον ἐπισκοπεῖν δεῖ καὶ τὰ ἐπίγεια, ὥσπερ ποθὲν ἄνωθεν, κατὰ  ἀγέλας, στρατεύματα, γεώργια, γάμους, διαλύσεις, γενέσεις, θανάτους, δικαστηρίων θόρυβον, ἐρήμους χώρας, βαρβάρων ἔθνη ποικίλα, ἑορτάς, θρήνους, ἀγοράς, τὸ παμμιγὲς καὶ τὸ ἐκ τῶν ἐναντίων συγκοσμούμενον.

48. Nobile è questo detto di Platone.  

Inoltre chi parla di uomini dovrebbe, come da un punto di vista privilegiato  in alto, guardare a volo d’uccello le cose della terra, nelle sue adunanze,  eserciti, allevamento, i suoi matrimoni e separazioni,  le sue nascite e morti , il frastuono del tribunale e il silenzio del deserto, le molteplici razze barbare, le sue feste e lutti e mercati, il miscuglio di tutto questo e la sua ordinata congiunzione di contrari.

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Ante rem exerceas Esercitati prima!!! ᛏ ᚢ ᚠ

In ipsa securitate animus ad difficilia se praeparet et contra iniurias fortunae inter beneficia firmetur. Miles in media pace decurrit, sine ullo hoste vallum iacit, et supervacuo labore lassatur ut sufficere necessario possit; quem in ipsa re trepidare nolueris, ante rem exerceas. Hoc secuti sunt qui omnibus mensibus paupertatem imitati prope ad inopiam accesserunt, ne umquam expavescerent quod saepe didicissent.

Anche nei momenti di tranquillità l’animo si prepari ai tempi difficili e quando va tutto bene si rafforzi contro i colpi della sorte. Il soldato fa le esercitazioni in tempo di pace, costruisce trincee quando non ci sono nemici e si sottopone a fatiche inutili per essere in grado di sostenere quelle necessarie; se non vuoi che uno sia in preda al terrore al momento della prova, fallo esercitare prima. Hanno seguito questo metodo quegli uomini che, per un po’ ogni mese, vissero da poveri, quasi fino all’indigenza, così da non temere mai quello stato che avevano conosciuto frequentemente.

L. ANNAEI SENECAE EPISTULARUM MORALIUM AD LUCILIUM II

LETTERE A LUCILIO DI SENECA II
LIBER SECUNDUS – LIBRO SECONDO

Ricorda sempre anche che l’unico tempo che viviamo  è solo il presente Marco Aurelio

Πάντα οὖν ῥίψας ταῦτα μόνα τὰ ὀλίγα σύνεχε καὶ ἔτι συμμνημόνευε, ὅτι μόνον ζῇ ἕκαστος τὸ παρὸν τοῦτο, τὸ ἀκαριαῖον· τὰ δὲ ἄλλα ἢ βεβίωται ἢ ἐν ἀδήλῳ. Μικρὸν μὲν οὖν ὃ ζῇ ἕκαστος· μικρὸν δὲ τὸ τῆς γῆς γωνίδιον ὅπου ζῇ· μικρὸν δὲ καὶ ἡ μηκίστη ὑστεροφημία καὶ αὕτη δὲ κατὰ διαδοχὴν ἀνθρωπαρίων τάχιστα τεθνηξομένων καὶ οὐκ εἰδότων οὐδὲ ἑαυτούς, οὔτι γε τὸν πρόπαλαι τεθνηκότα

Quindi, dunque, mettete da parte tutto il resto, e aggrappatevi saldamente solo a questi pochi punti. 

Ricorda sempre anche che l’unico tempo che viviamo  è solo il presente, cioè un istante impercettibile; e che, per le altre parti della durata, o le abbiamo vissute, o non sappiamo mai se dobbiamo viverle. 

È quindi ben poco che il tempo che ognuno di noi vive; il misero angolo della terra  dove abitiamo è molto piccolo. Anche questa fama ci sopravvive pochissimo, anche se prendiamo quella che dura di più. 

E questa stessa fama  è dovuta solo alla successione di questi poveretti, che moriranno tra un momento  e che non si conoscono, lungi dal poter conoscere qualcuno che è morto da tanti anni.

PENSIERI DI MARCO AURELIO LIBRO III, X

Protinus vive Vivi ora Seneca

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