ἀπόϕθεγμα, da ἀποϕθέγγομαι “pronuncio” un detto breve e sentenzioso, molto in uso presso gli Spartani, noti per l’arguta brevità delle loro risposte, le loro frasi erano scarse e ridotte all’osso, proprio come oracoli o sentenze.
“Nel corso di una riunione gli fu chiesto se stava zitto perchè era stupido o per mancanza di argomenti; egli rispose: «Se fossi stupido, non sarei capace di stare zitto». Plutarco – Demarato – Apoftegmi spartani
Amore per la libertà (che in Sparta è indistinguibile dall’amor patrio), essenzialità (che si lega a una marcata repulsione per il fronzolo, l’ornamento), coraggio (specie in ambito marziale), ma anche valori puramente logici o intellettuali, come la compiaciuta allusività, lo stile criptico ma asciutto, al contempo oracolare e apodittico, cui non a caso si usa riferirsi con l’aggettivo “laconico”.
Alcibiade, narra come testimone, dell’eccezionale straordinaria capacità di concentrazione meditativa di Socrate , durante una campagna militare Una tale intensa concentrazione da perdere del tutto il contatto con il mondo esterno, oltre lo spazio e il tempo, immergendosi in uno stato corporeo d’immobilità così prolungata, richiama alle pratiche tradizionali mistico-iniziatiche d’oriente, come lo yoga o le pratiche meditative dell’antica Cina.
一種武術或氣功的鍛煉方法。身體站立, 四肢保持一定姿勢, 借助呼吸的引導, 以加強臟腑、氣血、筋骨的功能。練功時思想集中, 呼吸自然, 站立不動, 上虛下實, 有如樹樁, 故名。 Un metodo d’esercizio del wushu e del qigong. Il corpo è eretto, le quattro membra conservano una specifica posizione, traendo sostegno dal respiro, al fine di rafforzare la funzionalità degli organi interni, della circolazione del sangue e del qi, 氣dei muscoli e delle ossa.
Ecco anche cosa ha fatto e sostenuto quest’uomo coraggioso durante questa stessa spedizione; vale la pena ascoltarlo. Socrate tutto assorto in qualche idea ‘era piantato ritto là, fermo dall’alba, meditando; e poiché non ne veniva a capo continuava, ritto in piedi, la sua ricerca: E già era mezzogiorno e alcuni uomini se n’erano accorti e meravigliati dicevano l’un l’altro: ‘Socrate se ne sta lì impalato dall’alba, immerso in qualche pensiero’. Alla fine alcuni Ioni, scesa la era, dopo aver cenato – poiché allora era estate- portarono fuori i giacigli e si misero a riposare all’aperto e nello steso tempo a controllare se stesse piantato là tutta la notte. Egli vi stette finché fu l’alba e si levò il sole. Allora si mosse e se ne andò dopo aver fatto la sua preghiera al sole”
Anche all’inizio del medesimo dialogo, mentre gli invitati arrivano in casa di Agatone, Socrate si raccoglie in meditazione nel vestibolo:
“ Se ne sta lì ritto; lo chiamo e non vuole entrare… Questa è la sua abitudine: talvolta si ritira dove gli capita e sta lì ritto” (175 ab).
Così l’inserviente lo lavò e lo preparò per sdraiarsi, quando un altro dei servi entrò con la notizia che il nostro buon Socrate si era ritirato nel portico dei loro vicini; era lì in piedi, e quando gli fu ordinato di entrare, rifiutò.
“Che strano!” disse Agathon, “devi continuare a dirglielo, e non lasciarlo andare”. 175b Ma questo Aristodemo vietava: “No”, disse, “lascialo stare; è un’abitudine che ha,talvolta si ritira dove gli capita e sta lì ritto , dovunque, ed eccolo lì. Tra poco sarà qui, immagino. Quindi non disturbarlo; lascialo stare. “
Tempra marziale di Socrate
La scena è l’assedio di Potidea (432-430/29). Agli assedi –con il loro estendersi alla stagione invernale – erano legate condizioni climatiche particolarmente dure, e alla sofferenza (µόχθος, πόνος) dei combattenti che le hanno subite sotto le mura di Troia fa eloquente riferimento Eschilo nell’Agamennone (555-567). Socrate è superiore nei πόνοι al più giovane Alcibiade e a ogni altro combattente, è capace di καρτερεῖν nel mangiare e nel bere, sopportando la mancanza di cibo, e in grado d’astenersi dal vino o di non cadere nell’ubriachezza se costretto ad assumerne; capace, in particolare, di mirabili prove di resistenza al freddo particolare della Grecia del Nord (τὰς τοῦ χειµῶνος καρτερήσεις, δεινοὶ γὰρ αὐτόθι χειµῶνες), di affrontare il gelo sommariamente coperto del suo solito ἱµάτιον e muoversi a piedi scalzi meglio di tutti gli altri, che erano calzati, e coperti con cura (Smp. 219d-220b).
Confer Massimo Nafissi, Freddo, caldo e uomini veri. L’educazione dei giovani spartani e il De aeribus aquis locis
Ogni traduzione è solo una possibile interpretazione
”Nella notte l’uomo accende una luce a se stesso, spento negli sguardi, e vivendo si afferra al morto; sveglio si afferra al dormiente”
Giorgio Colli
”L’uomo nella notte si accende una luce, anche se la sua vista è spenta; anche se vivo, tocca il morto, (cioè) mentre dorme; anche se sveglio tocca il dormiente.” Miroslav Marcovich
La notte è euphróne, εὐφρόνῃ, la benevola, avvolgente, misterioso confine dal dimensione del vivo con lo stato di morte e da dormiente con lo stato di veglia.
Nel buio e nel silenzio si entra in una zona intima lontana dal quotidiano, un richiamo al rito, l’incubazione,ἐγκοίμησι, dormire nel tempio.
La procedura avvicina alla morte attraverso il sonno con una trance iniziatica atta a volgerla in vita.
L’uomo chiude gli occhi e realizza una trance di tipo sciamanico:
si separa dal mondo esterno ed entra in un livello profondo, nascosto ai più, oscurato durante il giorno.
Egli raggiunge uno speciale distacco, lo stato di «sonno visionario», estatico per tornare alla vita rinnovato.
un evocazione, un richiamo
तैजस Taijasa che significa dotato di luce, è uno dei molti diversi livelli di esistenza che la Jiva जीव respirare o vivere, un essere vivente, o qualsiasi entità intrisa di una forza di vita,sperimenta a causa dell’attività dei Maya माया , letteralmente “illusione” è il secondo dei tre stadi della coscienza che fanno parte dell’ordine individuale del Jiva.
I tre stadi della coscienza Taijasa o coscienza del sogno che ha come oggetto il corpo sottile.
Il Mantra del Mandukya Upanishad Agama-prakarna recita:
“Il secondo quarto (Pada) è Taijasa la cui sfera di attività è lo stato del sogno, che è consapevole del mondo interno degli oggetti, che ha sette arti e diciannove bocche e che gode degli oggetti sottili del mondo mentale.”
Giorgio Colli, chiarisce “eidénai” εἰδέναι, indica un “apprendere per immagini”, un “intuire”, evidenzia la tensione del antico mondo greco ad interpretare l’atto della conoscenza tramite la visione di qualcosa che “già è”, che “sempre è”
“Questo ordine, lo stesso per tutti, nessuno degli dei lo fece, né gli uomini, ma sempre era, ed è e sarà fuoco sempre vivo, che con misura s’accende e con misura si spegne”.
Ἡράκλειτος ὁ Ἐφέσιος.Colli, Giorgio. La Sapienza Greca Vol. III [1993]
Eraclito, olio su tavola di Hendrick ter Brugghen, 1628, Rijksmuseum, Amsterdam
Tra i Lacedemoniani (Spartani) e Thespiani, l’uomo migliore fu chiamato lo Spartano Dienekes., prima dell’inizio della battaglia, i medi (persiani) mandarono un emissario al fianco di Dienekes (Trichinion), per vantarsi delle frecce dei barbari, dicendo che sarebbero stati così tanti, che avrebbero oscurato il sole. Ma i messaggeri stranieri furono sorpresi nel sentire Dienekes rispondere, che sarebbe stato bello se i persiani avessero cancellato il sole, perché avrebbero condotto la battaglia all’ombra .
Questo è in terza persona plurale. Quindi, se vuoi dire “combatteremo all’ombra”:
υπό σκιή εσοίμην προς ημάς η μάχη (και ουκ εν ήλιω)
Il modo laconico di dire che sarebbe probabilmente:
υπό σκιή η μάχη (la battaglia sarà all’ombra) o υπό σκιή μαχόμεσθα
(combatteremo all’ombra)
La ” frase laconica “ “allora noi combatteremo all’ombra” è stato citato , da Cicerone ( in umbra igitur pugnabimus , tuscolani Dispute I.42) e Valerio Massimo ( in umbra enim proeliabimur , III.7, ext. 8).
Artista per eccellenza, ”sciamano, capace di incantare animali e di compiere il viaggio dell’anima lungo gli oscuri sentieri della morte”, fondatore dell’Orfismo, foriero di Mito Amore, Arte, riti misterici …
Pindaro che per primo riporta l’idea della natura divina della vita umana è un frammento, il 131 b, che così recita:
«Il corpo di tutti obbedisce alla morte possente,
e poi rimane ancora vivente un’immagine della vita, poiché solo questa
viene dagli dèi: essa dorme mentre le membra agiscono, ma in molti sogni
mostra ai dormienti ciò che è furtivamente destinato di piacere e sofferenza.»
Traduzione di Giorgio Colli, in La sapienza greca vol.1. Milano, Adelphi, 2005, p.127
Nell’Orfismo si riscontra per la prima volta un inequivocabile riferimento a un'”anima” ψυχή, psyché, contrapposta al corpo σῶμα sōma e di natura divina.
Eric R. Dodds, filologo classico, antropologo e grecista irlandese, ritiene di individuare questa origine nella colonizzazione greca del Mar Nero avvenuta intorno al VII secolo a.C. che consentì alla cultura greca di venire a contatto con le culture sciamaniche proprie dell’Asia centrale, in particolar modo con quella scita.
Tale sciamanesimo fondava le proprie credenza sulle pratiche estatiche laddove però non era il dio a “possedere” lo sciamano quanto piuttosto era l'”anima” dello sciamano che aveva esperienze straordinarie separate dal suo corpo.
Dodds pone mette in evidenza la rilevanza degli ἰατρόμαντες (“iatromanti”), veggenti e guide religiose, che, come Abari, giunsero dal Nord in Grecia trasferendo il culto di Apollo Iperboreo; o anche di alcuni Greci come Aristea, il quale, originario dell’Ellesponto, si trasferì, almeno idealmente, nel Nord, sede delle sue percezioni sciamaniche.
«Sul suo capo volavano anche innumerevoli uccelli e diritti dalla profondità dell’acqua cerulea i pesci guizzavano in alto al suo bel canto.»
(Simonides fr. 40; PLG III p. 408)
Confer Eric R. Dodds, I Greci e l’irrazionale, Milano, Rizzoli, 2009, «Ho tentato fin qui di delineare il percorso di un’eredità spirituale, che muove dalla Scizia attraverso l’Ellesponto e passa per la Grecia d’Asia, si combina probabilmente con qualche residuo di tradizione minoica sopravvissuta a Creta, emigra verso il lontano Occidente con Pitagora e trova il suo ultimo autorevole rappresentante nel siciliano Empedocle. Questi uomini diffusero la credenza in un io separabile, che mediante tecniche adatte può staccarsi dal corpo anche durante la vita; in un io più antico del corpo, al quale esso sopravviverà.».
Confer Giorgio Colli La Sapienza Greca Dioniso Apollo Eleusi Orfeo
”Natura autem utrumque facere me uoluit, et agere et contemplationi uacare: utrumque facio, quoniam ne contemplatio quidem sine actione est”
«Del resto la natura volle facessi l’una e l’altra cosa, e agire e dedicarmi alla contemplazione: l’una cosa e l’altra faccio, dal momento che neppure la contemplazione è senza azione»
Seneca de otio
L’otium è cura di sé e della propria saggezza, contemplazione e studio.
Graeci non solum ingenio atque doctrina, sed etiam otio studioque plentyantes
“I Greci sono ricchi non solo di doti e dottrine innate, ma anche di Otium e applicazione”
Cicerone
Nunquam se meno otiosum esse quam cum otiosus esset, aut minus solum esse quam cum solus esset
Scipione il Vecchio
“Non fu mai stato così nell’otium come quando permaneva nell’Otium, e mai così solo come quando ha goduto della solitudine ”