επιμελέια εαυτού Cura di sè

Πλάτων στον διάλογο ”Αλκιβιάδης Ι”:
”Όλοι οι άνθρωποι έχουμε ανάγκη την επιμέλεια εαυτού”

come scrive Platone nel dialogo “Alcibiade I”
“Tutte le persone hanno bisogno di cura di sé”

”Eπιμέλεια εαυτού και αυτογνωσία”. Η επιμέλεια εαυτού αποτελεί βασική μέριμνα της πλατωνικής φιλοσοφίας

“Cura di sé e consapevolezza di sé”.
La cura di sé è una preoccupazione fondamentale della filosofia platonica.

Nel vocabolario platonico ed ellenistico, per significare la Cura, compare la parola epimeleia, che designa la Cura come sollecitudine, attenzione, occupazione, ma anche scienza. La cura di sé nel mondo antico significava anche dedicarsi a dare forma etica ed estetica alla propria vita.

Si Narra che nell’attraversare un fiume, l’attenzione della dea Cura ,in italiano «cura», «premura», ma anche «preoccupazione», «inquietudine», sia stata attratta dal fango argilloso.
Pensosa, senza bene rendersi conto di quello che andava facendo, Cura si mise a modellarla, traendone la figura di un uomo.
Fu allora che sopraggiunse Giove, a cui la dea chiese di infondere spirito vitale nella scultura da lei plasmata, cosa a cui Giove acconsentì con facilità.
A questo punto, Cura chiese di poter imporre il proprio nome alla creatura, ma il dio glielo negò, sostenendo che il nome di quell’essere doveva provenire da lui, che gli aveva infuso la vita.
Ne nacque una disputa, che si complicò quando a essa si unì la Terra: questa riteneva, infatti, che il nome avrebbe dovuto essere il suo, essendo sua la materia con cui era stata plasmata la creatura.
Per risolvere la diatriba, fu chiamato a pronunciarsi Saturno, il cui giudizio distribuì le rivendicazioni:
a Giove, che aveva infuso lo spirito sarebbe toccato, alla morte di quell’essere, di rientrare in possesso dell’anima;
alla Terra, della cui materia l’essere era composto, sarebbe tornato il corpo dopo la morte;
ma a possederlo durante tutta la vita sarebbe stata l’Inquietudine, la prima a plasmarlo.
Il nome, invece, non sarebbe toccato a nessuno dei tre contendenti: l’essere si sarebbe chiamato”uomo”, perché creato dall’humus.

confer  Igino,  Gaius Iulius Hyginus Fabulae, CXX

Cura cum quendam fluvium
transiret, vidit cretosum lutum, sustulit cogitabunda et coepit fingere hominem. Dum deliberat secum quidnam fecisset, intervenit Iovis; rogat eum Cura, ut ei daret spiritum, quod facile ab Iove impetravit. Cui cum vellet Cura nomen suum imponere, Iovis prohibuit suumque nomen ei dandum esse dixit. Dum de nomine Cura et Iovis disceptarent, surrexit et Tellus suumque nomen ei imponi debere dicebat, quandoquidem corpus suum praebuisset. Sumpserunt Saturnum iudicem; quibus Saturnus aequus videtur iudicasse: “Tu, Iovis, quoniam spiritum dedisti, animam post mortem accipe; Tellus, quoniam corpus praebuit, corpus recipito. Cura quoniam prima eum finxit, quamdiu vixerit, Cura eum possideat; sed quoniam de nomine eius controversia est, homo vocetur, quoniam ex humo videtur esse factus” 

Saturno, in greco Chronos, Κρόνος una il tempo, definisce il possesso di ogni cosa che ci appartiene. La terra alla terra, l’anima agli dei. In mezzo c’è Cura.
Cura accompagna l’uomo per tutta la vita. La morte differenzia gli dei dall’umano, di conseguenza la cura si trasforma nella peculiarità umana per eccellenza.
Il prendersi cura diventa non complemento della vita ma essa stessa parte di ogni vissuto perché ne è la causa.
Questo mito, sconosciuto al grande pubblico fu riscoperto, pare , da Heidegger, si lega all’esigenza di descrivere perché siamo qui.

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